Romanzo calcistico – Ezequiel Lavezzi: e fu subito colpo di fulmine…

Quando Napoli incontra l’Argentina c’è sempre qualcosa di magico, ma quando il popolo partenopeo incontrò Ezequiel Ivan Lavezzi fu un vero e proprio colpo di fulmine. Nato a Villa Gobernador Galvez il 3 maggio del 1985, è stato il primo amore della nuova generazione azzurra che aveva visto il Napoli risalire dagli inferi della Serie C fino alla Serie A. Si presenta nel capoluogo partenopeo il 16 luglio 2017, al fianco di un certo Marek Hamsik, con la folta chioma che tanto lo distinguerà nel primo anno con la maglia azzurra.

Da buon sudamericano ha un soprannome: El Pocho. Per tanti anni questo nomignolo è stato mal interpretato. La maggior parte del mondo calcistico pensava che significasse “Fulmine”, vista la sua velocità e i suoi dribbling. Eppure qualche giorno dopo la sua presentazione dichiarò a “Il Mattino”:

“Pocho non vuol dire fulmine, è solo un vezzeggiativo affettuoso. Se volete darmi un soprannome chiamatemi “El Loco”

Da dove derivava El Pocho? Era il nome del suo cane quando era bambino, Pocholo. Il fratello, dopo la morte del suo amico a quattro zampe cominciò a chiamarlo così, perché Ezequiel era frenetico e rompiscatole proprio come lui. Alla sua prima convocazione con l’under-20 dell’Argentina, incontra un suo amico di infanzia che lo chiama sempre con quel nomignolo. Gli argentini, per abbreviare cominceranno a chiamarlo Pocho.

Lavezzi indosserà un’altra maglia prima di quella azzurra in terra italiana: quella del Genoa. Ma, tra illeciti sportivi della squadra rossoblù che portarono la squadra di Preziosi in Serie C e la difficoltà di ambientamento del calciatore, fanno sì che l’argentino torni sempre nella sua amata squadra: il San Lorenzo. Nel 2007 però scatta qualcosa e Napoli diventa la sua seconda casa e il Pocho si troverà fin da subito a suo agio, anche grazie ad un pubblico che lo acclama a gran voce.

Ed il 18 agosto, alla seconda partita ufficiale e ad un mese dal suo acquisto, i tifosi vedono il loro beniamino gonfiare per ben tre volte la rete nei preliminari di Coppa Italia contro il Cesena. Ma ad incendiare il San Paolo non sono i gol, ma i suoi dribbling, anche un poco casinisti, spesso a testa bassa. Eppure Lavezzi fa impazzire il pubblico, che gli perdona anche qualche “scorribanda” al di fuori del campo di gioco. Passando dal 0-5 di Udine e l’assist di spalla ad Hamsik contro la Sampdoria, passando per lunghi periodi senza andare in rete, fino ad arrivare al gol su punizione contro il Chievo che porta il Napoli all’aritmetica qualificazione all’Europa League. Sedici gol in sessantacinque partite sono pochi, ma Lavezzi vale molto più di un gol: in campo con le sue giocate cambia completamente il volto della squadra di Mazzarri portando concedendo assist ai compagni ed espulsioni agli avversari.

Il sorriso che lo contraddistingue quando gli avversari lo buttano a terra  è provocatorio per gli avversari, ma porta sempre grandi risate ai suoi tifosi che vedono quel pazzo buttarsi in dribbling impossibili, vincerli e quando le squadre si innervosivano lo falciavano. Ma lui non mostra debolezze, anzi, si prende beffe dei difensori. Arrivano anche momenti di vera “pazzia”: si veda la pallonata a Massimiliano Allegri in quel famoso Cagliari-Napoli, dopo che il tecnico sardo fa finta di non vedere il pallone per accelerare i tempi di rimessa laterale degli azzurri che, come spesso succedeva, si erano fatti rimontare e superare dagli avversari. Espulso e rimane il Napoli in dieci negli ultimi minuti, con un gol da recuperare. Arriva il gol di Bogliacino a tempo ormai scaduto e lui, che dovrebbe stare negli spogliatoi, è lì sull’uscio dell’entrata in campo ad esultare come un… Pazzo, immedesimandosi proprio nei tifosi che festeggiano come lui quell’incredibile 3-3.

Quando la smorfia napoletana incontra Lavezzi avviene il cambio di numero di maglia: il 7 viene dato a Cavani, acquisto preso sottogamba da tutta la Serie A, e al Pocho tocca la 22. In realtà è una scelta che l’argentino ha fatto perché: “A Napoli il 22 vuol dire pazzo!” dichiarerà così il giocatore. Nel 2009 nascono i “Tre tenori”. Mazzarri trova in Cavani l’attaccante perfetto per il suo modulo, la razionalità e gli inserimenti di Hamsik con una posizione unica che mette in luce tutte le sue capacità e la fantasia di Lavezzi, libero di giocare come vuole. E’ il Napoli dei miracoli, dei 3-0 alla Juventus e delle nottate magiche in Champions League, il primo Napoli che cercherà di dire la sua in campionato arrivando sempre più in alto, affidandosi ad una squadra grintosa e ad un attacco fantastico.

Nell’ultimo biennio del Pocho si ricorda ancora Cagliari con un gol all’ultimo secondo e un’esultanza folle, con capovolta nei cartelloni pubblicitari del Sant’Elia, con i tifosi ospiti convinti di vincere con un tiro di Nainggolan all’ultimo respiro e invece vedono a tempo scaduto un contropiede perfetto stile mazzarriano, concluso dall’argentino con un tiro in caduta che solo lui poteva compiere. Come il gol al Milan, nell’1-2 finale, dove Lavezzi da terra a due metri dalla porta sorprende Abbiati con un pallonetto perfetto. O la doppietta al Chelsea, nel 3-1 al San Paolo, che però verrà ribaltato nella gara di ritorno.

Lavezzi è stato l’argentino più napoletano, forse secondo solo a Maradona, capace di far sognare una generazione intera, quella passata dalle fiamme dell’inferno alle stelle della Champions League. Indimenticabile per tutto il popolo partenopeo che con lui rivede un trofeo dopo 21 anni dall’ultimo scudetto. Lavezzi era già sul punto di partenza, destinazione Parigi. Napoli lo sapeva. I napoletani lo sapevano. Lui anche. Eppure dopo il 2-0 all’imbattibile Juventus di Conte, che perderà solo quella partita sul suolo italiano, El Pocho è lì, sotto la curva che ospitava i tifosi azzurri, a festeggiare con il suo popolo che non l’avrebbe mai dimenticato.

La storia è una continua ripetizione di alcuni avvenimenti, e così come nei primi anni 90 il nome Pocholo passò da un cane ad una persona, così successe a Napoli nel secondo decennio degli anni 2000 con molti cani chiamati Pocho. Quasi un ricordo e una dedica che i partenopei hanno voluto fare al loro beniamino e, forse, inconsapevolmente richiamando un caro amico di Lavezzi che lo ha fatto diventare famoso in tutto il mondo.

“Ho scelto Napoli perché è una squadra speciale per noi argentini: la squadra dove ha giocato Maradona. Si vive di calcio proprio come nella mia nazione”.

“Avrò sempre Napoli nel cuore”.

Le frasi del Pocho all’arrivo e alla partenza da Napoli, ricambiate con un applauso interminabile quattro anni dopo in un amichevole al San Paolo tra Napoli e Psg.

Gracias Pocho.

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