Al di là dei 90′ – Vol.2: Krol, il libero elegante e la generazione pre-Maradona

C’è stata una generazione di tifosi, quelli del Napoli, che non ammiravano già il più forte calciatore di tutti i tempi. Una progenie, quella innamorata del calcio di inizio anni Ottanta, che viveva un Napoli operaio, sognatore. Una squadra dall’animo forte eppure, allo stesso tempo, così fragile da sgretolarsi in un pomeriggio.

Una generazione che non amava attaccanti prolifici e centrocampisti trascinanti. Ma che si innamorò, forse per un curioso caso del destino, di un calciatore e più marcatamente di un ruolo, il libero, da sempre mal sopportato dalle tifoserie.

Sarà quindi più complesso delineare le precise ragioni storiche di un amore tanto carismatico e primordiale, come quello che ha scolpito Ruud Krol a eterna memoria nel cuore dei tifosi del Napoli. Il rapporto tra il pluri-decorato campione olandese e la città partenopea va analizzato fino in fondo. Partendo dalle radici.

Radici

Estate. 1980. Il calcio italiano vive riforma epocale: i vertici della Federcalcio permettono finalmente alle squadre italiane di tesserare un (solo) calciatore straniero. Apriti cielo.

La corazzata Juventus di Trapattoni aggiunse alle sue file il centrocampista irlandese Brady, mentre la Roma prese un astro nascente del Brasile: Paulo Falcao. Due pezzi da novanta del calcio internazionale, che condurranno le due società a sfidarsi fino alla fine per la vittoria dello scudetto.

Le due icone di Napoli e Roma della stagione 80-81: Krol e Falcao.

La terza incomoda, che disturbò sempre la lotta tra capitolini e torinesi, fu l’impensabile Napoli del debuttante Marchesi, che in estate puntò su una vecchia colonna dell’Ajax di Cruijff: il terzino sinistro “Rudi” Krol, che allora giocava in Canada.

Da terzino a “libero elegante”

Fu proprio il difensore “tulipano”, fortemente voluto dal direttore sportivo Juliano, a portare il Napoli da una malinconica e opprimente metà classifica a realtà di vertice: Krol completava una difesa fortissima, composta dallo stopper Ferrario e i terzini Bruscolotti e Marangon.

Bruscolotti e Krol, due perni della difesa azzura.

Proprio la presenza come cursore di fascia sinistra di quest’ultimo costrinse il neo-allenatore Marchesi ad un cambio di ruolo. Krol era stato un terzino sinistro di livello globale, ma col tempo la velocità lo aveva abbandonato. Possedeva però tecnica sopraffina, visione di gioco, carisma. Insomma: tutti gli elementi per essere la guida (e poi anche capitano) della squadra.

Arrivò da queste premesse l’invenzione che vide un tre volte vincitore della Coppa Campioni con l’Ajax, nonché sei volte campione d’Olanda, cambiare ruolo in “libero elegante”, come sarà ribattezzato il suo nuovo compito per la quantità notevole di assist forniti agli attaccanti.

C’è stato un Napoli operaio

A completare quel Napoli solido e spavaldo, a centrocampo l’insostituibile duetto Guidetti-Vinazzani, a cui si aggiungeva spesso Nicolini. In attacco, per sopperire all’assenza di un vero centravanti, venne impiegato Musella come primo esperimento di “falso nueve”.

Figurina del Napoli nella stagione dello scudetto sfiorato nell’81.

Ai suoi lati agivano la mediocre ala destra Pellegrini (che quell’anno segnò 11 gol, quasi tutti su assist dei millimetrici lanci lunghi di Krol) e l’attaccante, ben poco prolifico, Damiani. In porta c’era invece il “giaguaro” Castellini, protagonista di una stagione da vera saracinesca.

Eravamo ottantamila

Tutti gli astri sembravano allineati e la situazione in campionato era favorevole, visto anche il rendimento eccezionale del libero olandese, diventato un idolo per i tifosi partenopei. Tanto che, al primo passaggio sbagliato, in una delle ultime partite della stagione, gli venne tributata una standing ovation.

Tornando alla cronaca del campionato, è il 26 aprile del 1981 quando il Napoli, primo in classifica insieme alla Juventus, sfida al San Paolo il Perugia fanalino di coda. L’atmosfera è apocalittica. Le pareti dello stadio vibrano al sostegno incessante degli ottantamila spettatori. L’esito della partita è scontato.

Il Napoli spinge il piede sull’acceleratore, attacca per 89 minuti. Eppure, un solo – dannatissimo – minuto bastò a Ferrario, miglior difensore del campionato fino ad allora, a zittire ottantamila tifosi partenopei, che videro di nuovo scivolarsi tra le mani uno scudetto e crollare la squadra vero il terzo posto finale, dietro Roma e Juventus.

L’infortunio al menisco e l’addio

Dopo la magra consolazione della vittoria del “Guerin d’Oro”, l’annata successiva Krol e compagni si riconfermarono su alti livelli in campionato, arrivando al quarto posto finale. Tuttavia la flessione della squadra fu notevole in Coppa UEFA, dove uscì al primo turno contro i serbi del Radnicki Nis.

Dopo le prime due ottime stagioni, l’olandese (ormai 33enne) dovette fare i conti con problemi ambientali (continui cambi di allenatore) e con un evidente ridimensionamento degli obiettivi del Napoli, tanto che gli azzurri tornarono a lottare per la salvezza, arrivati undicesimi nella stagione 1983-1984.

Ruud Krol con la fascia di capitano del Napoli.

A ciò si unirono i ripetuti problemi fisici, tra i quali l’infortunio al menisco patito nel 1983, che limitò le sue presenze nelle ultime due stagioni. Krol disse addio definitivamente al grande calcio nell’estate del 1984, accasandosi al Cannes, in seconda divisione francese.

Durante l’esperienza partenopea realizzò un solo gol, al Brescia nel 1981. Ma ancora oggi viene ricordato come “colonna” e leader temperamentale del Napoli di inizio anni Ottanta. Di quella squadra che, senza mezzi e disponibilità, fece sognare tutta la generazione pre-Maradona.

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