“Ammore” probabilmente è la parola più bella del mondo.
Solo a dirla ti sazia, ti riempie la bocca e bisognava rafforzarla per far capire quanto tutto giri intorno all‘ammore.
“Napoli è un sentimento” qualcuno disse, ed è vero, perché quando qualcosa non va, trovi sempre qualcuno pronto a darti una mano. Questa città è come una mamma che sa coccolarti, volerti bene ma sa pure insegnarti la vita, quella dura, cosa sia.
Nell’ultima settimana sono successe tanti eventi importanti, il 2015 si è aperto con violenza, destabilizzando la tranquillità del periodo natalizio, che tra mangiate luculliane e feste, si è concluso poi con fuochi e auguri futuri.
Impossibile non parlare dell’shoccante notizia che ha sconvolto l’Italia intera ma in particolar modo questa città, la quale da sempre pullula di artisti, cantanti e attori che hanno avuto la fortuna di avere i natali qui.
Napulè ha perso, purtroppo, l’ennesimo “pezzo grosso” ma Pino Daniele risuona più che mai in questi giorni nelle piazze, strade, metropolitane partenopee. Una voce sottile, dolce, non comune che ha accompagnato per tanti anni i momenti dell’esistenza di milioni di persone.
Nei suoi testi, nelle sue musiche, la napoletanità era talmente forte, che pure le amare critiche rivolte al capoluogo campano venivano accettate e cantate da tutti.
Pino è stato uno stile di vita, la colonna sonora di tante storie d’amore, dell’infanzia di tanti bambini e maestro di giovani musicisti che lo avevano e lo avranno come punto di riferimento. Ha creato il cosiddetto blues partenopeo, inimmaginabile a quei tempi ove i grandi gruppi erano collocati in America, in un mondo decisamente più grande.
Da due giorni, inoltre, si è palesata la dignità di un popolo che ha voluto a tutti costi dargli un ultimo saluto.
“Sud, vogl murì cu te!” recitava una sua canzone mai incisa ma che aveva tutta l’aria di essere un testamento.
Dalle fredde Alpi ai caldi tramonti siciliani, Pino era ovunque.
Martedì si è riaperto il campionato ed il Napoli a Cesena ha onorato la sua memoria con un minuto di silenzio e il lutto al braccio, Inler e Maradona hanno postato addirittura frasi e foto del cantautore, segno che la sua internazionalità era ben radicata.
La vittoria finale, poi, non poteva non essere dedicata a lui.
Cantò anche il giorno dello scudetto azzurro, circondato dai suoi fans, e le parole di allora, sono ancora così attuali: “A Napoli vincere il tricolore non è solo una questione calcistica, è anche sociale, per risollevare il popolo!”. Ed aveva ragione, pardon ha ancora ragione.
Come dimenticare, nel match contro l’Inter al San Paolo nel 2010, lo stadio intero che cantava a squarciagola la sua “Napule è”.
Su Facebook i supporters partenopei hanno creato pagine affinché quel pezzo possa diventare l’inno ufficiale del Napoli, perché calcio, musica e realtà sociale camminano a braccetto in questa città.
Domenica nella gloriosa sfida con la Juventus De Laurentiis ha promesso di preparare una bella scenografia per salutare ancora una volta Pino con la presenza dei bambini, le anime bianche di questa Terra; ci sarà il tutto esaurito e lacrime mischiate a tanta emozione saranno assicurate. Preparate i fazzoletti se andrete al San Paolo, mi raccomando.
Al di là della rivalità calcistica, si vivrà un momento di unione in ricordo di un grande artista italiano, che non ha appartenenza dato che la musica è il linguaggio universale di tutti i popoli.
Higuain, Hamsik, Callejon e company sanno già che dovranno dare il 200% per la loro gente.
E mille culure circonderanno il rettangolo verde, perché dall’alto lo scugnizzo potrà sentire insieme a Massimo, Eduardo e il principe Totò quanto ammore il suo popolo prova per lui: “Alleria, uagliù” avrebbe detto vedendo i volti rigati dalle lacrime dei suoi concittadini.
Ancora una volta ciao Pinù, ci mancherai!