Quarta di campionato, turno infrasettimanale, stessa data, stesso giorno, stesso avversario. Sono trascorsi sei anni, sembra incredibilmente passata un’eternità.
Era il Napoli operaio di Edoardo Reja quello che andava ad affrontare il Palermo in una notte colorata di sogni. La squadra, reduce da un brillante inizio di campionato (pareggi esterni con Roma e Udinese, vittoria di misura sulla Fiorentina), cercava la vittoria per issarsi definitivamente nei quartieri alti della classifica. Una vittoria che voleva fortemente il popolo azzurro, stipato tra Distinti e Tribune a causa della discussa chiusura delle curve dopo i controversi episodi della trasferta romana.
Il Palermo di quegli anni era forte e temuto. Una finale di coppa Italia appena giocata (e persa) contro l’Inter, Delio Rossi in panchina ed un nugolo di campioni a far girare la squadra: Balzaretti, Nocerino, Liverani, Miccoli, giusto per citarne qualcuno. E poi un giovane attaccante di belle speranze, appena arrivato dall’Uruguay, che proprio in quella notte calcava per la prima volta il prato di uno stadio che l’avrebbe acclamato e rinnegato: si chiamava Edinson Cavani.
Il Napoli, privo di Lavezzi e con il nuovo arrivato German Denis ad affiancare Zalayeta, era schierato da Reja con il rituale 3-5-2: esterni (Maggio da una parte, Vitale dall’altra) arrembanti, Gargano a dettare i tempi, il devastante Hamsik a fare da incursore. Fu proprio lo slovacco, che ha il Palermo tra le sue vittime preferite, ad aprire le marcature dopo meno di un quarto d’ora. Gli azzurri contennero bene la reazione rosanero e raddoppiarono nella ripresa con una rete rocambolesca di Zalayeta, cui fece seguito l’inutile rigore realizzato da Miccoli nel finale di partita.
Quella vittoria lanciò il Napoli in un girone di andata formidabile e ricco di soddisfazioni per i tifosi, con la squadra che arrivò a toccare finanche la vetta della classifica. Il crollo della seconda fase (sconfitte in serie, esonero di Reja a favore di Donadoni e voci di un possibile addio del Pocho Lavezzi) vanificò il grande lavoro svolto da tecnico e giocatori tra agosto e gennaio, tuttavia resta il ricordo di una squadra che sapeva compattarsi nelle difficoltà, illuminata dalla classe e dalla freschezza di due campioni (Hamsik e Lavezzi) che si divertivano in campo e regalavano emozioni.