Il pericolo era nell’aria. Sotto forma di nebbiolina strisciante, di quelle ingannevoli (oltre che pericolose) perché non sai mai cosa possono nascondere. Lo si poteva fiutare tra le pieghe di una notte pregna di significati. Lo si doveva scongiurare. Due cose però distinte e separate. Perché avvertirlo è una cosa e disinnescarlo è tutt’altra. Il pericolo era rappresentato naturalmente dall’effetto (boomerang) di Doha e dal pieno d’entusiasmo confermato poi nella positiva trasferta cesenate. Ma guai però ad abbassare (solo un attimo) la guardia. La Juve la vendetta (sportiva) ha deciso di consumarla ancora piuttosto calda e il Napoli, pur raccogliendo il famoso guanto, non è riuscito più a trovare le contromisure per fronteggiare quel risentimento bianconero covato lungo tutto il periodo natalizio. E’ vero, ci si è messo l’arbitraggio e quant’altro, però lasciando stare per un attimo tutto il resto, quanta fame aveva il Napoli domenica notte? Parecchio meno del 22 dicembre, e per contro quella degli oppositori era aumentata di un bel po’. Il Napoli è arrivato alla sfida-bis con la Juve con un livello di mordente poco adatto alla circostanza, eppure anche stavolta c’era parecchio in palio. Nel senso che questi tre punti avrebbero fatto molto ma molto comodo.
Capitan-Hamsik è stato purtroppo l’emblema di una nottata storta, non affrontata col piglio giusto. Nata triste e finita (se vogliamo) ancor più mestamente. Alla tristezza iniziale per il ricordo struggente di Pino Daniele (Marek e De Laurentiis hanno consegnato al fratello Nello la maglia azzurra numero 19), in fondo alla notte s’è aggiunta quella per la sconfitta, acuita dal fatto che un po’ tutti si sarebbero aspettati un epilogo diverso. “La gara non è andata bene. Siamo tristi”. Parole col contagocce che trasudano scoramento. Hamsik anche stavolta ha commentato sul suo sito ufficiale l’esito di un match che non ne ha voluto sapere di raddrizzarsi e prendere una piega favorevole come successe in Qatar. Solo per un attimo il vento è parso cambiare direzione (gol di Britos), ma poi non ne ha voluto più sapere. E, se in occasione della Supercoppa, s’era visto in campo un capitano impetuoso, voglioso, tirato a lucido come mai (nell’ultimo anno e mezzo), lo stesso non si può dire riguardo all’ultima uscita di Marekiaro. Sottotono sicuramente, apparso il più delle volte avulso dal vivo del gioco, errante dal centrocampo all’area juventina, in costante ricerca di una posizione, di un dialogo, del varco vincente. Senza mai riuscire a trovare niente di tutto ciò.
INVOLUZIONE? Repentina involuzione dello slovacco dopo un trittico di prestazioni incoraggianti? Speriamo proprio di no. Fatto sta che Benitez s’è visto costretto a sostituirlo dopo un’ora esatta di gioco, quando i bianconeri erano ancora in vantaggio. Evidentemente non era partito quel fraseggio col Pipita che aveva prodotto ottimi risultati nelle occasioni precedenti, e generato una forza d’urto a tratti devastante. Forse Marek s’è pure fatto irretire dall’ingombrante presenza di Pirlo (che spesso incrociava nella sua zona), e il pensare all’altro può avergli tolto lucidità e il tempo di pensare a se stesso. Tanto che la sua luce non è stata nemmeno intermittente (come a volte era successo) ma piuttosto opaca per tutto il tempo. L’ingresso al suo posto di Mertens (con De Guzman spostato al centro) ha dato quello spunto in più, un’illusione durata cinque minuti e poi gradatamente sfumata. E’ triste il Capitano, ma questo stato d’animo (invece) può e deve cambiarlo subito.
Fonte: Corriere dello Sport