Crisi azzurra, Benitez si affida ai “suoi” uomini

I sensi di colpa dei senatori di Benitez. Tutti con Rafa, tutti per Rafa. Albiol, Higuain, Callejon e gli altri pretoriani del tecnico spagnolo sono lì a rassicurarlo a poche ore dalla gara con l’Hellas Verona:«Stai tranquillo, siamo tutti con te». Nessuna congiura contro di lui:ma si sa, la teoria del complotto è sempre nell’aria. Ma tocca a loro, ai pretoriani di Rafa, il compito di trascinare il loro generale, l’uomo che li ha convinti ad accettare il progetto-Napoli, a dire di sì all’Italia e alla serie A mettendo da parte i fasti del Real Madrid, fuori dalla palude in cui è precipitato. Ma come fa ad uscirne se Higuain non fa gol in campionato dal 13 aprile scorso? 9 partite senza lo straccio di un gol, 648 minuti di astinenza, un rigore sbagliato con il Chievo. Mai nella storia del bomber nato per caso a Brest, in Francia, c’è mai stato un digiuno così lungo. Neppure ai tempi del River Plate, quando era ancora solo un bambino.
Una infinità di ore trascorse nell’ultima settimana nella piccola stanza di Castel Volturno con Rafa a fare da psicologo e Gonzalo quasi steso sul lettino a confessarsi.«Non ho nulla, e solo che non riesco a segnare». E la cosa non deve essere facile da accettare. Come un leone in gabbia, ha detto Rafa per fare una sintesi del momentaccio di Higuain.«E ha fame di gol».Era riuscito, il Pipita, in poche settimane di Napoli, a far dimenticare Cavani il fenomeno: vi era riuscito a suon di gol e di giocate da numero 9 vero e proprio. Non c’era nessuna, a Natale scorso,che rimpiangeva l’addio del Matador, capace in tre stagioni di segnare 104 gol. Insieme si possono cambiare tante cose. Prospettive, punti di vista, giudizi, sentimenti. Sei mesi dopo quella gara con la Lazio, il Napoli non è più terzo in classifica e non gioca più il calcio più gradevole del campionato.
E Higuain sembra un attaccante normale. Se non fosse per quella rabbia che cova sempre dentro di lui, e che esplode ogni volta l’arbitro non gli fischia un fallo a favore e il guardalinee sbandiera a suo danno, sembrerebbe un vero fantasma. La grinta c’è, eccome se c’è. Manca tutto il resto. Non fa che tornare a casa, dall’inizio del campionato, con lamentele sul petto. E il Napoli con lui. Ora, dato che il suo valore assoluto non può essere messo in discussione, perché altrimenti vorrebbe dire che per un anno i tifosi hanno assistito a partite di plastica o hanno vissuto di allucinazioni, è piuttosto chiaro come Higuain, più di tutti gli altri big del calcio mondiale che hanno preso parte a Brasile 2014, si sono presentati ai nastri di partenza della nuova stagione senza energie, senza freschezza.
Facendo per altro fatica a mandare giù due pillole al cianuro da cui non è mai ripreso: la sconfitta nella finale di Rio con la sua Argentina e l’eliminazione dalla Champions. Due ko da cui il Pipita, probabilmente, non è riuscito ancora a risorgere. Poi ci sono gli infortuni, le convalescenze, i recuperi frettolosi, la preparazione saltata, le botte che non si riassorbono, e intanto il riposo non arriva mai. Mai. Anzi, poi ci sono anche le amichevoli della propria nazionale-a cui si potrebbe tentare di dire di noi -e la giostra ricomincia. Higuain non è una macchina, anche se è un atleta simile a una macchina. E adesso appare«squagliato». Poi le alchimie difensive, ormai perfette, fanno il resto. «Non sono stanco, è solo che non riesco a capire perché non segno», è il suo grido.
Un’ombra. Come lo è Raul Albiol, l’altro senatore in ombra a cui il generale Benitez fa appello. Che fine ha fatto il centrale della Spagna che ha vinto tutto quello che c’era da vincere dal 2008 al 2012? Che fine ha fatto il ragazzo di Valencia che Rafa ha fatto esordire a 18 anni nella Liga? Il tecnico spagnolo, centrifugato da giorni complicati, con il Verona, ha deciso di giocarsela affidandosi ai suoi pretoriani: annegare o trionfare con loro. Forse Albiol è stanco, gioca tanto, troppo rispetto ai tempi di Madrid. Ieri sera, a Castel Volturno, erano tutti ancora una volta al suo fianco. Al suo e a quello di Paco de Miguel e di Xavi Valero. Gli uomini di Benitez affrontano il resto della squadra, li guardano negli occhi e spremono grinta. Come se fosse la conta degli arditi. «Con il Verona dobbiamo vincere. Faremo noi la differenza», urlano. Dopo i giorni del dubbio, Benitez ha deciso di vincere o morire con i suoi pretoriani.

Fonte: Il Mattino

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