Jacobelli: “Nazionale, la parola fallimento è la più appropriata, nemmeno con Svezia e Macedonia così male”

Xavier Jacobelli, giornalista, è intervenuto nel corso della trasmissione L’Editoriale, in onda su Tmw Radio. Si è parlato a proposito della disfatta della Nazionale agli Europei del 2024. Di seguito, le sue parole.

È rimasto colpito dalla Turchia di Montella?
“Mi è piaciuta molto, ma non è una sorpresa perché anche nella fase di qualificazione Montella ha dimostrato come in poco tempo sia riuscito a dare un’identità alla Turchia. Questo è successo al contrario di quanto detto da Spalletti, non è il tempo che è mancato visti i risultati ottenuti dalla Turchia”.

Possiamo parlare di fallimento tecnico per la nazionale?
“La parola fallimento è la più appropriata, sono stati analizzati tutti gli aspetti di questa disastrosa spedizione in Germania. Il commissario tecnico si è insediato il primo settembre scorso, Montella il 21 di settembre e le giustificazioni usate non reggono. Anche la scusa del calendario utilizzata dal presidente Gravina non regge. La figuraccia stata è rivoltante, quell’obbrobriosa prestazione con la Svizzera è l’emblema del momento. La Svizzera ha strameritato la qualificazione, i singoli riescono a valorizzare il collettivo. Si parla di troppi stranieri in Italia, gli stranieri hanno inciso per il 63,4% con la loro presenza, il Spagna per il 61%, in Premier League addirittura per il 67%. Se non sai valorizzare i tuoi giovani la colpa non è della tua concorrenza, ma di chi non sa valorizzare i propri talenti. Se dei 26 giocatori di De La Fuente ben 17 hanno alle spalle almeno 50 partite nei campionati con le seconde squadre, significa che devi coprire quel buco nero che c’è dal settore giovanile alla prima squadra. Se non puoi valutare la crescita dei giovani in un campionato agonistico come la C è poi ovvio che i talenti si perdono. Bisogna analizzare tutti questi fattori, certo non c’è più la generazione dei Totti e dei Del Piero, ma non possiamo continuare a vivere di passato”.

Il percorso recente della nazionale e del calcio italiano rappresenta anche un fallimento politico?
“C’è la sensazione di un disegno gattopardesco che porti a cambiare tutto per non cambiare nulla. Questa sarebbe la soluzione peggiore. Il sei e il nove settembre ci aspettano Francia e Israele in Nations League, da questo torneo nascerà la griglia per le qualificazioni mondiali. Ci sarà il primo mondiale a 48 squadre, se non riusciamo a qualificarci neanche a un mondiale a 48 squadre allora chiudiamo baracca e burattini. Bisogna capire se questa nazionale potrà avere un presente diverso, ma soprattutto un futuro”.

È stupito dal fatto che nessuno si sia preso le responsabilità?
“Al mondiale del 2014 Abete e Prandelli si presentarono in conferenza stampa e il commissario tecnico parlò di fallimento tecnico e rassegnò le dimissioni irrevocabili. Dopo le partite con Uruguay e Costa Rica ebbe il coraggio di rassegnare le dimissioni, ma quel coraggio o ce l’hai o non te lo possono vendere. Il ritorno di Abete? Non voglio pensare a questo scenario, in queste ore sta prendendo corpo l’ipotesi Marotta che però dovrebbe lasciare la presidenza dell’Inter. Marotta ha una straordinaria esperienza alle spalle nella guida di club, c’è anche la soluzione di un commissariamento. Bisogna vedere la suddivisione della quota dei voti, il 34,1% dei voti spetta ai dilettanti e il potere è squilibrato. La Serie A che è il motore del movimento è in netta minoranza, la vedo dura in questo momento. Ora però la preoccupazione è prettamente legata all’aspetto tecnico, a Berlino si è vista una nazionale inquiteante. Neanche l’eliminazione nel 2014 o le eliminazioni con Svezia e Macedonia, almeno lì le squadre si sono battute, con la Svizzera sembrava un’ectoplasma. A settembre abbiamo la Francia, in questi due mesi non ritroviamo una squadra competitiva schioccando le dita. E poi bisogna vedere i rapporti tra squadra e commissario tecnico, da dove ripartono dopo le difficoltà dell’Europeo? L’indifferenza con cui è stata accolta la nazionale è preoccupante, sarebbe stato meglio vedere una protesta al ritorno in Italia. È un altro segnale preoccupante di distacco dalla nazionale stessa”.

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