Sacchi: “Oggi nel calcio sono tutti strateghi, un esempio è Thiago Motta!”

MARCH 2021, Arrigo Sacchi. Fonte foto: Getty Images, www.goal.com

Arrigo Sacchi ha parlato degli obiettivi dell’Italia dal palco della Milano Football Week organizzata da La Gazzetta dello Sport: “Veniamo da un momento non buono, può succedere che arrivino un fortissimo spirito di squadra e un gioco. Se ci riusciremo, come azzurri potremo mettere in difficoltà chiunque. La nostra è una scuola che non ha avuto scuola, non giochiamo tutti allo stesso modo e oggi ci sono tanti, troppi stranieri. Una volta prendevi il blocco di chi giocava bene, l’Inter o la Juve: oggi non ci sono più blocchi. Però sono curioso: se tutti daranno il massimo, riusciranno a nascondere i limiti. Dipende anche dalla stampa: se noi, che per otto anni non siamo andati ai mondiali, continuiamo a dire che dobbiamo vincere, allora vuol dire essere presuntuosi. E non dobbiamo esserlo”.

Pensando al prossimo campionato, l’Inter dà l’impressione di essere davanti a tutti. “Sì, ha giocato bene: noi siamo molto attenti e quindi dico che poteva fare di più. Ha vinto dominando, ha perso però in Champions League. Penso all’Italia che sfiderà la Spagna: gli spagnoli, se gli dai spazio, mettono la palla dove vogliono loro. Quando andai all’Atletico, mi meravigliai delle loro qualità tecniche”.

L’allenatore nuovo che la incuriosisce di più? “Sta accadendo una cosa che non è mai successa, c’è un gruppetto di strateghi. Prima eravamo tutti tattici, questo è un passo avanti”.

La differenza? “Il tattico è chi spera di sfruttare lo spazio avversario. Servono giocatori di qualità e devi giocare con più calciatori difensivi che d’attacco: per me devi attaccare e difendere in undici. Se non c’è coraggio, vuol dire che non c’è conoscenza. L’allenatore deve sapere cosa vuole fare e prendere giocatori adatti, se vuoi fare un film comico e non prendi dei comici sbagli. Il Milan l’anno scorso ha comprato 14-15 giocatori, ma Pioli lo voleva? Se si, è colpevole anche lui. Altrimenti no”.

Della Juventus che pensa? “Thiago Motta fa parte degli strateghi, cercherà di avere giocatori adatti al suo gioco. Lo stratega è chi ha un’idea e sa come arrivarci: io volevo giocare un calcio di movimento, di aggressività, fatto senza paura. Ma è facile in questo Paese non avere paura? È difficile”.

Conte al Napoli? “Nel calcio italiano chi è che conta? Il club viene prima della squadra, che viene prima del singolo. Il calcio è un gioco di undici, non puoi averne uno-due che non partecipano. Perché se non partecipano non sono bravi. Servono giocatori affidabili, con loro non sbagli. Però devi avere l’appoggio del club. Penso alla Juve: se Giuntoli ha fatto la guerra ad Allegri (come ha detto Capello sempre sul palco), ha sbagliato. Si possono avere idee diverse, ma non uno che dice il contrario dell’altro. Io ero un signor nessuno, quando venne al Milan. Le mie squadre non sono mai partite forti, perché cercavo di fare cose che non conoscevano. Berlusconi fece un intervento di 27 secondi: mi chiese se avevo bisogno, dissi di sì, venne a Milanello e fece salire tutti, dicendo di avere fiducia totale in me. Sa quante partite abbiamo perso dopo? Zero. Ne abbiamo persa una a tavolino perché un mio omonimo buttò un petardo: siccome nelle commedie siamo forti, il portiere avversario si buttò a terra”.

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