Il primo Napoli-Barcellona si tenne poco prima della chiusura e diffusione della pandemia, questa sera, con lo scoppio della guerra russo-ucraina, si è tenuta di nuovo questa sfida dal sapore particolare in un periodo che segnerà i libri di storia. Al Diego Armando Maradona la magia del Pibe de oro è stata protagonista, tanto che gli stessi dirigenti e alcuni giocatori blaugrana, fra cui il capitano Pique, sono andati ieri sera ad omaggiare il murales dedicato al più grande numero 10 della storia. Sul campo, però, il fascino del big match si è spento dopo pochi minuti con le reti in un quarto d’ora di Jordi Alba e De Jong, che avevano subito tagliato le gambe ai padroni di casa, palesemente storditi e indeboliti da questa repentina debacle.
È bastata una fiammata di Osimhen, un errore di Ter Stegen sul nigeriano a favorire gli azzurri con un rigore segnato egregiamente da Insigne, arrivato al gol numero 117. Sembrava essere prodromico ad un ribaltamento del fronte, con la partita seriamente riaperta, in un momento, poi, insperato. Le superiorità fisica, mentale, tecnica del Barcellona hanno però avuto subito la meglio, perché oltre ad un deficit di attenzione probabilmente segnato da una inferiorità conclamata sin da subito, gli azzurri hanno mostrato nette difficoltà soprattutto a centrocampo, lasciando spazi troppo ampi utili per le ferocissime ripartenze avversarie, complice un Demme in una posizione poco consona con due avversari, Busquets e De Jong, tutt’altro che facili.
Le altre due reti firmate da Pique e Aubameyang hanno completamente annichilito lo stadio, con i soli tifosi spagnoli a cantare e a fare la ‘ola’ durante il lungo giro palla subito dai partenopei. L’orgoglio finale, firmato Politano, ha reso indubbiamente questa sconfitta meno amara, perché la partita finisce quando l’arbitro fischia e bisogna cacciare l’orgoglio anche in questi momenti. I blaugrana, al netto della rivoluzione che ha portato all’addio di Messi, hanno dimostrato che una buona gestione della cantera porta risultati importanti col tempo, che il mix perfetto esiste attraverso i cambi generazionali.
C’è poco da recriminare, i limiti degli azzurri escono puntualmente fuori nei momenti clou. Finisce così il sogno, per Spalletti e squadra è tempo di risvegliarsi e dare il massimo in vista di sfide altrettanto importanti in campionato.