“Non aspettare che arrivino i leader. Fallo da solo“
L’attesa ha ripagato, ebbene si. La metamorfosi è compiuta, Lozano è finalmente un giocatore vero. Anzi, è meglio dire che è ritornato un giocatore vero, dato che al PSV aveva ampiamente dimostrato di valere 40 milioni, poi qualcosa ha frenato il ‘Chucky‘. Ripercorriamo il primo anno di Lozano con Gattuso.
Luci ed ombre
Il primo anno con il Napoli è un continuo di Up & Down. Con Ancelotti le cose non vanno bene, nonostante un inizio straripante con i gol all’esordio sia in A che in Champions, Re Carlo non riesce a plasmare il talento del messicano, forse troppo poco raffinato per i gusti dell’attuale allenatore dell’Everton; che spesso e volentieri lo fa giocare fuori ruolo e che non riesce a sfruttare a pieno le qualità dell’11 azzurro. I primi mesi sono un vero calvario, Hirivng si sente isolato, la piazza rumoreggia il suo nome con tono deluso, le prestazioni non sono da bollino verde così come l’ambiente azzurro, piuttosto funesto.
A riordinare il caos sulla tavolata azzurra arriva Gattuso che sottrae la panchina al suo maestro. Con ‘Ringhio’ è un continuo studiarsi; al tecnico ex Milan piace la grinta del messicano, e quel suo talento grezzo gli ricorda un non so che di familiare, che ha voglia di estrarre. Eh si, perché a Gattuso le cose semplici non sono mai piaciute, e qui inizia il suo lavoro con quello che diventerà uno dei suoi pupilli.
Rino ha bisogno di estrarre dal giocatore tutta la rabbia e i sentimenti contrastanti, per evolverli e trasformarli poi in energia positiva da sfruttare in campo. L’episodio che scatena tutta la rabbia per poi farla uscire e l’allontanamento da un allenamento del giocatore, che troppo nervoso viene spedito prima negli spogliatoi e poi a casa per riflettere. Un primo segnale arriva subito, infatti segna nella partita in trasferta contro il Genoa qualche settimana più tardi. La stagione è da portare però al termine e ‘Chucky‘ alterna prestazioni al top – riconducibili a quelle viste in Olanda – ad altre non proprio brillanti, con tanti errori.
Da partente a giocatore chiave
L’agosto di Lozano è infuocato. Le sirene inglesi dell’Everton lo chiamano, Ancelotti in lui ha visto qualcosa e quasi come se fosse una sfida contro i suoi rimpianti vuole provare a migliorarlo a Liverpool. Lozano però non si muove! Gattuso vuole il messicano con sè, non vuole farne a meno, e ha ragione. Ebbene si perché il messicano parte in quarta. Alla prima partita in A, alla seconda stagione in azzurro, mette subito nel suo score personale un assist. Le nubi sono passate, ora sul Chuchy splende il sole e la ruggine con Gattuso è stata raschiata via con un modulo che lo valorizza a pieno. I suoi numeri sono impressionanti, 6 gol in 10 gare in A (l’anno prima ne aveva fatti 4 in 38 partite a disposizione) e il suo modo di giocare ormai è un portento, fa distendere la squadra e crea azioni pericolose e ogni volta si fa trovare pronto.
La consacrazione
Minuto 45, il Napoli termina in svantaggio di un gol il primo tempo con la Sampdoria, Gattuso scende negli spogliatoi e gli chiede di mettersi i pantaloncini e la maglietta, Lozano entra! La sostituzione viene effettuata a discapito di un’appannato Politano: la partita cambia. Passano pochi minuti e mette a segno un gol, importante, che definisce il pareggio azzurro. Uno stacco di testa a sorprendere Audero su ottimo suggerimento di Mertens. Lozano ha capito che questa può essere la sua partita e scalda il piedino che qualche minuto più tardi realizza un assist al bacio per Petagna che segna il gol del 2-1. Hirving non ha aspettato leader che gli dicessero cosa fare, ha preso la partita in mano e ha scritto un nuovo capitolo della sua rinascita.
Come nelle migliori storie: To be continued…