Accostare Carlo Ancelotti al Napoli, poco meno di due anni fa, sembrava impossibile. Vederlo sulla panchina azzurra, per tifosi e addetti ai lavori, rappresentò uno dei momenti più alti della storia del club. Eppure, nonostante le aspettative, le cose sono andate in modo diametralmente opposto, al punto da arrivare a una rottura definitiva nel momento clou della sua seconda stagione all’ombra del Vesuvio.
Accostare Gennaro Gattuso al Napoli, poco meno di due mesi fa, sembrava un atto di ridimensionamento. Dal maestro all’allievo, da un allenatore top a un emergente. Insomma, un traghettatore per accompagnare lentamente una squadra stanca e demotivata al traguardo finale: un girone di ritorno “tranquillo”. Gattuso però tranquillo non lo è, non lo è mai stato nella sua carriera da giocatore, nemmeno nei suoi primi burrascosi anni da allenatore e non è venuto a Napoli con questo obiettivo. “Ringhio” ha sempre creduto nelle qualità di questa squadra sin dalla conferenza stampa di presentazione. L’ha ben allenata, messa sotto torchio, rinforzata nel fisico, nella mente e (perché no) anche sul mercato. L’ha ben disposta in campo tatticamente, rivoluzionando in ogni piccolo aspetto il lavoro di Ancelotti, il suo maestro. Nonostante i primi, disastrosi risultati, la sua mano in questo nuovo Napoli era già evidente e lui, schietto e diretto come sempre, è riuscito ad arrivare dritto al cuore dei suoi giocatori e dei suoi nuovi tifosi.
Così i risultati sono arrivati, tre vittorie consecutive che hanno portato il club partenopeo a un passo dall’Europa League, con la qualificazione in Champions nel mirino. Cinque punti rosicchiati alla Roma in appena due gare sono la dimostrazione che Gattuso aveva ragione sin dal primo momento: questa squadra può e deve lottare per tornare tra le prime quattro. Obiettivo che sembrava impossibile con il traghettatore Gattuso. Obiettivo più che mai realistico con il rivoluzionario Gattuso…
Antonio De Filippo