Il Mattino: “Dai “consigli” di Berlusconi ai litigi con Perez, i retroscena dei rapporti di Ancelotti coi presidenti”

LA STORIA La gestione del gruppo prima di tutto, ma per Ancelotti non è stata mai facile neppure quella dei presidenti. Perché alle spalle di una grande società c’ è sempre una figura ingombrante che tiene i fili. Carletto ha imparato fin da subito, dalla Reggiana di Dal Cin al Parma di Tanzi, i suoi primi club da tecnico.

LE PRIME ESPERIENZE Con il patron della Parmalat l’ amore non è mai sbocciato. «A Parma, che tanti vedono come un’ isola felice, non c’ è mai stato feeling né con la società né con la città. Non mi hanno mai apprezzato», ha raccontato una volta Ancelotti. E infatti, quando Tanzi nel 2001 lo rivuole sulla panchina del Parma, lui ci pensa un po’ e poi dice no facendo andare su tutte le furie il signor Parmalat.

ODI ET AMO Carletto rifiuta il Parma per rispondere sì alla chiamata del Milan, dove a riaccoglierlo c’ è Silvio Berlusconi, non esattamente il più facile dei presidenti. «La cosa curiosa – racconta Ancelotti – è che ci criticava soltanto dopo qualche partita giocata bene: questo era fonte di grandi stimoli». Ne ha viste di tutti i colori ai tempi del Milan, a partire da un libro di Vespa, dal quale ha appreso, con tanto di disegni autentici in appendice, di avere concordato con il presidente gli schemi della finale di Champions vinta a Manchester contro la Juve nel 2003. Ne esce fuori un mezzo caso diplomatico, con Ancelotti che rivendica la paternità di quei fogli tattici addirittura chiamando in causa l’ esame calligrafico. Il rapporto tra i due non si scalfisce. Berlusconi è sempre lì, Ancelotti accetta quella figura nemmeno tanto nell’ ombra e vince tutto. Vede alcune interviste televisive e viene messo al corrente che il Milan deve sempre giocare con due punte e che Kakà e Rui Costa sono incompatibili. Kakà ha l’ obbligo di giocare da trequartista, spiega Berlusconi. Carletto annuisce sempre, ma nega ogni volta che ci siano suggerimenti di alcun tipo da parte del presidente. Eppure le voci sono insistenti: addirittura si arriva a dire che il famoso modulo ad albero di Natale che tanto ha funzionato con il Milan, sia un’ idea proprio di Berlusconi. Quando Ancelotti lascia il Milan approda al Chelsea dove con Abramovich ha un rapporto molto sereno.

IL CASO BALE Al Real Madrid arriva per esplicito desiderio di Florentino Perez. E il rapporto inizia tra strette di mano e sorrisi. Poi i festeggiamenti per la Decima. In mezzo, a creare qualche crepa nel matrimonio tra presidente e allenatore, ci si mette l’ agente di Bale perché il suo assistito, costato 100 milioni di euro, vorrebbe giocare in un’ altra posizione, magari più centrale. Ancelotti spiega al presidente che non può cambiare sistema di gioco per lui. L’ inizio di una polemica che non si spegne nemmeno dopo l’ esonero del maggio del 2015. Tra i due non mancano le frecciatine a distanza. Dall’ affare Odegaard, che secondo Re Carlo è stato comprato da Florentino solo per questioni di marketing, all’ esonero di Benitez sulla panchina dei Blancos, definito «incomprensibile» dall’ allenatore italiano.

NIENTE FEELING Dopo il Real approda al Bayern Monaco dove il presidente Uli Hoeness non difende mai e poi mai il suo allenatore. Così Ancelotti si è presto ritrovato solo. Anzi, il patron l’ ha scaricato subito appena avuto la possibilità. Quando l’ allenatore italiano si è ritrovato cinque senatori dello spogliatoio contro, Hoeness non ha mai fatto nulla per risanare una situazione sfociata nell’ esonero. Situazione non diversa da quella del Psg, perché con lo sceicco Al Khelaifi il feeling non sboccia: personalità troppo diverse. Ancelotti vuole andare via perché ritiene troppo poco stimolante l’ avventura francese, il patron fa muro e tra i due ne esce fuori un diverbio. Il rapporto si spezza e finisce male.

Fonte: Il Mattino

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