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Maggio: “Sarri top, ma non posso nascondere l’amarezza. Sul Napoli e la Juventus…”

«Ben rimasti al Sud» è il film oggi campione del botteghino in Serie B. Protagonista Christian Maggio, calciatore talmente innamorato del Meridione da rinunciare, a 36 anni, a chiudere la carriera in una piazza altrettanto importante come Verona, che in più gli avrebbe dato la possibilità di tornare a Montecchio Maggiore, provincia di Vicenza, il paese natale suo e di sua moglie.

«Sono rimasto 10 anni a Napoli», ha confessato l’ esterno del Benevento. «Non mi sono mai pentito della scelta. Negli ultimi anni non ho giocato tantissimo, stavo perdendo un po’ gli stimoli e mi era venuta la voglia di tornare a casa. Poi Benevento mi ha messo in crisi, ci ho pensato tanto, è stata una scelta difficile. Ma giusta. Anche per la mia famiglia che a Napoli sta benissimo».

E’ tornato in Serie B 15 anni dopo la fortunata stagione a Firenze conclusa con la promozione. Beneaugurante. «Facciamo gli scongiuri. Ho scelto Benevento per la serietà del progetto e della società. E di un d.s., Pasquale Foggia, con le idee molto chiare. Ultimo, ma non meno importante, per questo gruppo giovane e di qualità che vuole una cosa: tornare subito in Serie A».

Lei ha un rapporto speciale col destino: il suo primo centro da professionista nel 2002 fu con la maglia del Vicenza proprio al Napoli. «Allora non sapevo certo che il mio futuro sarebbe stato azzurro. A pensarci però sì, davvero curioso…».

A proposito di gol, con la Salernitana esultanza particolare: per i quasi tre anni di astinenza? «Sì, una liberazione. Segnare è sempre emozionante, poi in casa davanti ai tuoi tifosi è il massimo. Un’ esultanza pesante perché mi sono sfogato e per la squadra tutta, che ha fatto una prestazione coi fiocchi».

Quale azzurro fu più sbiadito: con l’ Italia per l’ infortunio che fece saltare la convocazione al Mondiale 2014 o per il mancato ingresso in campo l’ anno scorso nella sua partita d’ addio con il Crotone? «Delusioni diverse. L’ infortunio in Nazionale fu una fatalità che non si poteva certo prevedere. Riguardo Sarri, non posso nascondere l’ amarezza per quei 5 minuti negati sul campo. Ma anche questo fa parte della vita. Poi ci hanno pensato i tifosi a fine partita con quel giro di campo a sorpresa a spazzare via la rabbia».

E il momento più bello? «La prima Coppa Italia vinta dopo più di vent’ anni col Napoli contro la Juve a Roma, il mio primo trofeo da professionista, 20 maggio 2012. Una serata magica».

A proposito di Juventus-Napoli, domani sera chi vince il primo duello-scudetto? «La testa è a Benevento. Spero solo sia una bella partita».

D’ accordo, Benevento… Lei che ne ha fatti 35 in carriera, si è posto un traguardo di gol? «La gioia personale è subordinata agli obiettivi del collettivo: il mio mantra è non mollare mai».

Pierpaolo Marino che la portò a Napoli ha detto che una sua forza sono i tempi d’ inserimento… «Sì mi scelse anche per questa caratteristica. Oltre al suo intuito, devo ringraziare gli allenatori che con il lavoro mi hanno migliorato».

Da Lorenzo a Roberto, gli Insigne sono un po’ suoi figliocci? «Lorenzo è già un campione. Roberto ci sta lavorando ma è già un punto fermo per il Benevento».

Come Asencio? «Mi piace tantissimo, ha grinta, voglia… e la gioventù. A Cittadella visto come correva dappertutto anche al 90′?!».

Sarri e Bucchi, differenze nel rispettivo 4-3-3? «In generale Sarri è un maniaco della tattica, fa un gran lavoro difensivo sulla linea, quando scappare, attaccare… Bucchi invece punta sull’ aspetto umano, ti parla, ti carica: il primo un professore, il secondo un fratello maggiore».

Le rivali più pericolose per la promozione? «Metto il Verona in prima fila, ha un allenatore molto bravo. Poi due mezze sorprese: Venezia e Pescara».

Fonte: Gazzetta dello Sport

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