Primi da soli, è tutto vero. Napoli si sveglia accarezzata da una brezza primaverile, che soffia dal mare e s’ insinua su verso la città, lungo le vie dello shopping e nei vicoli, democraticamente, senza distinzioni. La bandiera con il volto di Diego, a un angolo di via Toledo, sventola forte, pare più in alto del giorno prima. Napoli si risveglia, inebriata dal dolce gusto di un primato solitario, da non dover dividere più con la Vecchia Signora. Euforica, con la stessa carica di adrenalina di domenica sera. Quando i tre gol al Cagliari erano ormai un ricordo, all’ ora di cena si è giocata un’ altra partita, con regole specialissime: da queste parti c’ è un detto antichissimo che affida agli occhi, intesi come “occhi addosso”, il potere di fare più male di qualche schioppettata. E’ proprio vero…
LA LUNGA NOTTE. In quel triangolo tra via Chiaia e via Toledo, tra il salotto buono e i vicoli che s’ arrampicano nel cuore della vera Napoli, quella più autentica, la domenica notte è un rincorrersi di voci: nei locali la tv è sintonizzata su Atalanta-Juve, le urla dei tifosi che sono per strada si uniscono a quelle di chi è a casa e ha lasciato il balcone aperto. Ai tavolini, i turisti guardano incuriositi. All’ improvviso, un boato. Ma i granatieri di Sardegna che sono di guardia con la loro camionetta, mi metica e mitra d’ ordinanza, non si scompongono, hanno l’ esatta percezione di quello che sta accadendo: Cristante ha fatto gol, la Juve ora pareggia e il Napoli è primo da solo. Chi è per strada s’ arrangia come può: la diretta streaming sul telefonino, e la voce del telecronista da dividere con chi si avvicina per un piccolo gruppo d’ ascolto estemporaneo, tutti a tifare per l’ Atalanta. Qualche minuto, e un nuovo boato da piazza Municipio: «La Juve ha sbagliato il rigore!».
IL DOLCE RISVEGLIO. Negli spot tv c’ è la colazione dei campioni, a Portici, al bar Rosso e Nero, al Corso Garibaldi, si sono inventati la colazione della capolista: cappuccino Mertens (griffato al cioccolato, la N di Napoli e il 14 di Dries, ovviamente), caffè Hamsik, cornetto Callejon e babà Insigne. Un carico di energia quando serve. Troppo pesante? Semmai per gli avversari… Nel salotto buono della città, a Chiaia, c’ è chi si gusta i titoloni sul Napoli e una bella limonata, mai così dolce come ieri mattina. «Godiamoci questo momento, quest’ anno basteranno 88 punti per la meta, facciamoli prima possibile così ci rilassiamo a bere una limonata», commenta entusiasta Claudio Di Dato, proprietario dello storico chioschetto. E c’ è fermento pure al Kappa Store: chi è a caccia delle maglie ufficiali del Napoli deve passare di forza da qui. E con un po’ di fortuna, magari, incrociare anche i calciatori, sono di casa.
QUARTIERI SPAGNOLI. Turisti e napoletani si confondono, una coppia si ferma a una bancarella. «Se stiamo vendendo di più stamattina? Un po’, ma l’ entusiasmo c’ è da tempo, per scaramanzia non dovremmo dirlo, ma sapete che c’ è? Questo può essere l’ anno buono…», ci racconta la signora bionda mentre ripiega come una reliquia la maglia di Mertens. Quella parola la conoscono tutti, ma c’ è molto pudore a pronunciarla. Si potrebbe usare un sinonimo, il tricolore, e in effetti quello sventola un po’ dappertutto nei vicoli di Montecalvario. Nes suna sfida alla scaramanzia, per carità: sono festoni messi lì per celebrare la Madonna dell’ Arco, il culto qui è molto sentito e non sono affatto prove generali di qualche altra cosa. Sono altri gli striscioni che rimandano alla lotta scudetto e la rivalità forte, fortissima, con la Juventus. I bianconeri sono il bersaglio preferito, ma lo sono di più quei napoletani dei quartieri che scelgono di tifare bianconero. «Leggete, leggete, c’ è anche la traduzione se non conoscete il significato…», ci indica un vecchietto simpatico col suo bastone: prende un po’ d’ aria nel vicolo con gli amici, parla del Napoli che «va che è una bellezza…» e ci indica quella parola lì con cui un anno fa, e ancora oggi, veniva apostrofato Higuain.
SEMPRE PIÙ IN ALTO. Lassù si sta bene, deve pensarlo anche Francisco Bosoletti, lo street artist di fama mondiale che ai Quartieri Spagnoli sta realizzando una nuova opera, “Pudicizia”, lì dove trent’ anni fa fu realizzato il famoso murale di Maradona. Lui è argentino, fan di Diego neanche a dirlo, e sulla gru che lo porta su e giù ha legato una bandiera del Napoli. Ha il culto del Pibe de Oro e per questa opera – qualcuno la scambia per una Madonna, «ci deve fare lei la grazia per lo scudetto, insieme a Maradona…», ci dicono nel vicolo non ha voluto alcun compenso. Ha accettato subito dopo la chiamata di Antonio Esposito, che da queste parti è una istituzione: oggi ha 65 anni, fa il nonno, ma ha ancora lo spirito di trent’ an ni fa, quando in curva andava con le Teste Matte. «Sono stato io a far realizzare lo storico murale di Maradona – ci racconta – lo abbiamo fatto restaurare ma la testa va ancora risistemata. Qui, vedete, le macchine spariranno: questo diventerà un piccolo parco per le mamme e i bambini del quartiere. Il primo posto ci dà entusiasmo, però un po’ ci siamo abituati: siamo stati primi l’ anno scorso, pure due anni fa, però… Di nuovo c’ è che il Napoli ha più esperienza, prima soffrivamo con le piccole, che ci hanno tolto i punti per lo scudetto, ora invece facciamo le amichevoli, come con il Cagliari… E poi vinciamo in rimonta. Qualcosa è cambiato, anche perché alla Juve ora certi gol non li danno più…». Abbraccia il poster di Mertens, sotto lo sguardo di Maradona. Diego capirà e non sarà geloso: in fondo c’ è in ballo lo scu… beh, quella cosa lì, capito?
Fonte: Ettore Intorcia, Corriere dello Sport