La storia d’amore tra Pepe e Napoli non è nata nel 2013 con l’arrivo di Rafa sulla panchina azzurra, ripercorre sentieri ancora più lontani nel tempo. Quasi si potrebbe scrivere un libro per quanto è bella, intanto ci limitiamo ad un articolo.
La scintilla scattò già tredici anni fa, quando il portiere, a seguito di una crociera, si fermò proprio in questa città. La bellezza di una “polis” così importante, ricca di storia e di fascino spagnolo, lo rapirono subito e decise di farsi trasportare in questo meraviglioso iter da un tassista che, per tradizione, non poté non portarlo fuori al San Paolo. Una foto ricordo davanti al tempio sacro di Maradona e poi via.
La stessa estate fu ingaggiato dal Villareal dopo le trafile nel Barcellona. La premonizione di quell’uomo, però, che gli augurò di vederlo un giorno con la maglia azzurra non fu dimenticata dall’ex Liverpool. “Un giorno spero verrai a giocare nel Napoli, Pepe” gli disse tra il serio e il faceto. Destino fu.
Non è stato semplice, però, portarlo all’ombra del Vesuvio. La trattativa, sì, fu abbastanza celere come tempistica. Era in rotta con il club inglese, ma prima di lui il club di De Laurentiis voleva affidare i pali, dopo l’addio premeditato di De Sanctis alla Roma, a Julio Cesar, campione del triplete interista.
Quando, però, il fato bussa alla tua porta c’è sempre un colpo di scena che ribalta ogni cosa. Le parti erano vicine, il brasiliano aveva accettato la meta. Tutto praticamente fatto. All’ultimo minuto il dietro-front: 300mila euro, spiccioli nel mondo del calcio, fecero saltare l’affare. Rafa Benitez non si perse d’animo e contattò il suo giocatore più fidato. Facile immaginare di chi stiamo parlando: “Pronto Pepe, sei disposto a venire a Napoli?“. Non se lo fece dire due volte.
Da Liverpool prese il primo volo e firmò. Il suo ingaggio era piuttosto elevato, la soluzione come si ricorda fu dividersi “le spese” e prestito secco. Un anno di prova, insomma. Il numero 25 azzurro era un po’ arrugginito, non giocava da parecchio. Arrivò nello scetticismo totale, gli bastò una settimana, la sua allegria, l’aria da leader, le sue parate ancora ad alto livello e quel pizzo di “locura” – ovvero pazzia – a fare innamorare i tifosi.
Il problema, come si immaginava, era proprio la formula di non-acquisto. Fu una estate dura quella di due anni fa: Reina resta, Reina va via. Il Bayern Monaco si fece avanti e il Napoli non poté farci molto. Delusione totale. Una stagione di alti e bassi, di andirivieni tra qua e la Baviera. I veri amici non si abbandonano mai e lui in città ne aveva conosciuti tantissimi, perché è sempre stato considerato un napoletano nato per sbaglio in Spagna.
Avrebbe firmato in bianco pur di tornare a vestire l’azzurro e se certi amori sono destinati a continuare, non c’è ostacolo che tenga. È tornato un anno fa a casa sua, come egli stesso la definisce. I suoi figli, ormai scugnizzi acquisiti, hanno gradito tantissimo il ritorno, così come la moglie Yolanda, la quale era presente in quel viaggio di molti anni fa. Non si sa ancora il destino cosa gli riserverà, se il suo futuro extra calcistico avrà la stessa residenza di oggi, ma una cosa è sicura: la storia di Reina e quella del Napoli saranno intrecciate per sempre, uniti da un filo invisibile che unisce finanche i cuori dei partenopei.
Sembra proprio il caso di dire che “Ci sono pochi luoghi in una vita, forse persino uno solo, in cui succede qualcosa; dopodiché ci sono tutti gli altri luoghi“…