Home Editoriali Napoli, che questa qualificazione alla Champions League sia un inizio

Napoli, che questa qualificazione alla Champions League sia un inizio

Introduzione

Il Napoli, al termine della trentacinquesima giornata di Serie A, ha guadagnato aritmeticamente l’accesso alla prossima edizione della Uefa Champions League, l’obiettivo prefissato a inizio stagione. Eppure, anche col ritorno nella competizione regina dopo due stagioni di assenza, la sensazione è che alla piazza non basti. Un atteggiamento che può apparire strano a chi osserva dall’esterno, ma molto comune a chi la situazione la vive da vicino. Per capire questo malumore è necessario ripercorrere quanto fatto dagli azzurri dall’approdo di Aurelio De Laurentiis a questa ultima partita con il Sassuolo, che ha lasciato più rimpianti che gioia.

Dalla C a Mazzarri. Il Napoli operaio

Nel 2004, la società partenopea ha scelto di ripartire attraverso un progetto operaio, mediante il quale tornare in Serie A il prima possibile. L’artefice del ritorno nel massimo campionato è stato Edy Reja, uno specialista in questo tipo di gestioni. Raggiunto l’obiettivo, si è allestita una squadra fatta di giovani rampanti, carichi di entusiasmo, oppure di gente pronta ad esplodere per poi indossare le casacche più prestigiose d’Europa. A trarre il massimo da questo materiale è stato Walter Mazzarri. L’allenatore toscano, ha trasmesso la giusta foga e carattere per ambire alle posizioni più nobili della classifica. Dopo il ritorno alla fase finale di una competizione europea, il progetto ha mostrato i suoi frutti, portando gli azzurri alla qualificazione in Champions League. Il risultato è stato accolto con grande festa da parte dei tifosi, oltre che con la sensazione che questo sia solo l’inizio.

L’annata successiva ha visto un rendimento meno brillante in campionato, ma un vero e proprio exploit nelle coppe. Arriverà anche il primo trofeo di questa gestione: la Coppa Italia. Nemmeno a dirlo, accompagnata da cortei di un pubblico che rivede la possibilità di rivivere i tempi di gloria. Ciò che però darà ancor di più questa idea è il rendimento mostrato in Champions League. In quelle occasioni, gli azzurri hanno oltrepassato i propri limiti, riuscendo ad ottenere alcuni dei successi più significativi e amati. La stagione successiva vedrà invece una squadra più performante in campionato e molto meno nelle coppe. Si tornerà in Champions, ma aleggia un’impressione: nei momenti decisivi, la squadra viene meno, come se si fosse attaccati ad una dimensione da “provinciale”. Sono segnali che dicono che è giunto il momento di cambiare. Esce Mazzarri e la società, abbandonando il suo spirito operaio, ingaggiando Rafael Benitez.

Dalla tentata internazionalizzazione con Rafa Benitez alla fallita rivoluzione con Maurizio Sarri

L’allenatore spagnolo non ha bisogno di presentazioni. Per la dirigenza, è l’uomo giusto, colui che può lanciare il Napoli in una dimensione internazionale. D’altronde, selezionare un tecnico simile, significa voler puntare in alto, che quella qualificazione in Champions non basta più. Il rischio di ritornare alla dimensione precedente è molto forte, ma la scelta della società si rivelerà essere azzeccata. I metodi di Don Rafè (come l’allenatore ex Liverpool verrà affettuosamente soprannominato) portano alla creazione di una nuova base, di un modo diverso di approcciarsi al calcio. Questo lavoro, permetterà ai partenopei di riaffermarsi tra le prime tre del campionato, di portare a casa un’altra Coppa Italia e di conseguire uno sfortunato e discreto percorso nelle competizioni internazionali. Sembra tutto pronto affinché il Napoli possa vestire i panni della big.

Ma, nella seconda e ultima stagione di Benitez all’ombra del Vesuvio, qualcosa non funziona. La squadra viaggia a corrente alternata, passando dal vincere la Supercoppa Italiana a capitomboli inspiegabili. Mancano le forze psicofisiche per potersi affermare come una vera e propria grande. Tornano alla mente i fantasmi della mancanza di mentalità. Nel maledetto mese di maggio 2015, i partenopei crolleranno. Arriveranno le eliminazioni da Coppa Italia ed Europa League, oltre che a un deludente quinto posto in campionato. Si parlerà di fallimento, della necessità di una rifondazione, del cambiare gli interpreti. Quelli in rosa, non vengono considerati all’altezza, oppure, si dice di loro che “puntano al grande salto”, dunque vedendo il Napoli come un trampolino di lancio. Discorsi che verranno smentiti dal prossimo allenatore: Maurizio Sarri.

Il rischio di ridimensionarsi è molto forte. Non a caso, sono in pochi a credere a quella scelta. I discorsi del precampionato verranno poi smentiti da quanto fatto vedere in campo. Anzi, il tecnico riprenderà la base lasciata da Benitez, valorizzandola al massimo secondo il suo credo calcistico, facendo ricredere anche il più scettico su quanto prodotto nelle stagioni scorse. La prima annata riaccende l’entusiasmo nella tifoseria partenopea, e per tanto tempo, c’è stata la sensazione di poter vincere lo scudetto. Non sarà così, lasciando intendere l’assenza di una certa mentalità, ma a giudicare dal secondo posto in classifica, è solo questione di tempo perché arrivi la propria occasione. Giudizi che si manterranno anche nella stagione successiva. Questa, dopo un duro inizio, ha visto sfumare il secondo posto a pochissimi minuti dalla fine del torneo. Il pensiero comune suggerisce che l’annata buona per compiere la “rivoluzione” sarà la prossima.

Stavolta non si può sbagliare. Infatti, i partenopei partono a razzo, con l’entusiasmo di chi punta a coronare il proprio sogno, imbattendosi in un duello senza esclusione di colpi con la Juventus. Più che una stagione di una squadra di calcio sembra un thriller, un qualcosa di scritto su un copione. In questa occasione sembra di vedere una squadra diversa, più consapevole, in grado di superare anche quei “limiti”. E in città, si assapora la possibilità di vincere lo scudetto. Però, il tutto svanirà quando era necessario stringere i denti, e non dare dimostrazioni. Quel Napoli romantico e spensierato ha fallito la sua rivoluzione sul più bello, ancora una volta. Nel frattempo, tra richieste di mercato da parte di top club ed età che avanza, il gruppo “storico” sembra aver dato il suo. C’è bisogno di dare nuova linfa ad una squadra che sembra averla smarrita.

L’era Ancelotti-Gattuso. Tra ammutinamento e incertezze fino al “nuovo corso” targato Spalletti

Maurizio Sarri, una volta compreso di aver fatto il massimo, lascia la panchina azzurra. La società lo rimpiazza con un allenatore il cui palmarès è immenso: Carlo Ancelotti. Il re di coppe è chiamato a rinnovare la base a disposizione e trasformare il Napoli in un club dalla dimensione europea. Non a caso, sarà la Champions League a vedere gli azzurri brillare nella maniera più luminosa possibile, dove solo la sfortuna frenerà quello che poteva essere un bellissimo percorso. Il resto della stagione, è definito per interezza nella sua prima parte. La seconda, ha permesso di poter sperimentare nuove soluzioni in vista della prossima annata, quella in cui bisognerà osservare l’esplosione di questo nuovo progetto. Ma le cose non andranno come previsto.

Dinanzi a qualche altra buona prova, iniziano a venire meno le certezze. La squadra appare assente, senza idee, ed escluse le prestazioni viste in Champions, si assiste a quella che sembra essere la parabola discendente di un gruppo, culminata in un ammutinamento che porta dietro con sé tante domande senza risposta. A finire nell’occhio del ciclone è di nuovo la questione mentalità. La società viene ripresa per non essere in grado di trasmettere serenità all’allenatore e ai giocatori. Altri parleranno di calciatori svogliati e con la testa altrove. Ancora, si punterà il dito verso Ancelotti, dichiarandolo finito e non adatto a lavorare in ambienti simili. Con la squadra in cattive acque e in una situazione molto complicata dal punto di vista psicologico, la dirigenza opta per il cambio di allenatore. Serve qualcuno che sappia ricompattare e dare carattere al gruppo. Si punta su Gennaro Gattuso.

L’inizio di Ringhio non è dei migliori. Arrivano sconfitte figlie del duro momento attraversato in precedenza. Però, il lavoro dell’allenatore donerà nuova linfa alla squadra, che saprà riprendersi passo dopo passo. Gli azzurri così riusciranno a vincere la Coppa Italia e a chiudere la stagione in maniera dignitosa. Il prossimo anno, l’obiettivo è quello di riagganciare i piani alti della classifica. Il piano sembra riuscire e i partenopei sembrano destinati a tornare in Champions, ma ancora una volta, sul momento più bello, tutto sfuma in quel famoso Napoli-Verona. Una partita che ha portato dietro di sé innumerevoli polemiche, poiché un passo falso era inimmaginabile. Gattuso verrà poi sollevato dall’incarico, dopo una “separazione” con la società che ha fatto tanto discutere. C’è bisogno di piazzarsi a tutti i costi in Champions e di costruire una base solida. Per questa missione, ci si affida all’esperto Luciano Spalletti.

L’allenatore, dotato di una forte personalità e carisma, ha il compito di riportare i partenopei tra le prime quattro. La situazione in campionato è molto favorevole, e permette di potersi concedere qualche azzardo. Se nelle coppe si sono osservati più bassi che alti, in Serie A la musica è un’altra. Nonostante qualche scricchiolio, la qualificazione alla prossima edizione della maggiore competizione europea per club è ipotecata fin da subito e mai messa in discussione. A questo punto, lo scudetto diventa un obiettivo raggiungibile e nel quale sperare. Ma, come negli anni scorsi, proprio nel momento decisivo, sono venute a mancare le certezze, riportando in voga il discorso della mentalità. Eppure, di dimostrazioni che sembravano aver invertito la tendenza, ne erano arrivate. Quella qualificazione in Champions tanto voluta non basta a placare gli animi di chi credeva fortemente nel tricolore. Dunque, c’è un legame tra fallimenti ed errori così simili?

Questione di mentalità o di poca consapevolezza?

Attribuire la causa dei mancati trionfi al solo discorso della mentalità o alla “dimensione” è molto semplicistico. In questi anni, il Napoli ha ottenuto riscontri che non possono lasciar pensare agli errori di una “provinciale”. Le vittorie di carattere e i risultati non sono mancate. Infatti, la vera mancanza dei partenopei è la consapevolezza di essere una big. Nelle cadute, non si è vista una squadra semplicemente spaventata o inerme, ma ridimensionata. Ad esempio, il Napoli di Sarri, forse il più criticato per l’aspetto della mentalità, ha vinto spesso all’ultimo respiro. Quello scudetto non è stato perso per il poco carattere. Ma, quando manca la consapevolezza, potrebbero arrivare dei blackout proprio nei momenti più inattesi. In parole povere, gli azzurri sono rimasti fermi a dieci anni fa, quando si era una piccola realtà, e certi errori erano giustificabili. Non è stato fatto l’ultimo passo, il più difficile e importante.

La società ha il dovere di svolgere questo compito. È necessario creare un ambiente di lavoro sereno, in cui puntare sempre a piani più alti di volta in volta. Il resto verrà fatto dall’allenatore, dal suo staff, senza ovviamente tralasciare i calciatori. Un esempio lampante è il Villarreal, club di una cittadina di circa 50000 abitanti. La vittoria dell’Europa League e il successivo percorso in Champions League hanno mostrato al mondo del calcio cos’è la consapevolezza. Il Submarino Amarillo, non ha mai temuto la sua dimensione, così ottenendo vittorie all’apparenza inaspettate, ma frutto di un lavoro egregio. Con il Liverpool si è forse raggiunto l’apice di questa spavalderia, per poi chinare il capo quando di più non si poteva fare.

Il Napoli, a differenza degli spagnoli, non ha raggiunto un grado di consapevolezza tale da poter gridare davanti a tutti di essere una squadra forte. Forse, ad essersi resi conto del vero potenziale degli azzurri, sono i rivali e, in particolare, i tifosi. Un club non arriva per caso in quelle posizioni per così tanti anni. Alla lunga, non riuscire a raggiungere quel traguardo risulta sfiancante e sempre più difficile da digerire. È così che quella qualificazione in Champions passa dall’essere motivo di festa ad un semplice contentino. Specie in un’annata in cui tutto poteva accadere. La possibilità di spiccare il volo e conquistare quel maledetto terzo scudetto c’era, ma è sfumata perché ancora una volta è venuta meno la consapevolezza, che invece non manca al Milan, attuale capolista. Forse non lo vincerà, ma il lavoro corretto ha permesso di andare oltre le proprie potenzialità.

Le prossime sfide del Napoli

Tuttavia, il futuro del Napoli è ancora da scrivere. Luciano Spalletti è stato chiamato a “piazzarsi” in Champions dopo due anni di assenza, e non a vincere lo scudetto. La delusione per non essere riusciti a lottare fino alla fine per il titolo è forte, ma non è certo questo il momento di resettare, sarebbe un grosso errore. L’estate sembra prevedere una nuova rivoluzione oltre che la progettazione di un nuovo assalto al tricolore e a notti gloriose di Champions League. Dunque, questo “piazzamento” non deve essere visto come un fallimento, ma come un punto di partenza, nonostante la possibilità di compiere qualcosa in più ci fosse.

Ma stavolta, bisogna compiere una volta per tutte l’ultimo passo. Con l’avvento di nuove proposte societarie, il rischio è quello che gli azzurri possano essere schiacciati e costretti a ridimensionarsi, stavolta sul serio. Bisogna realizzare quel che andava fatto tempo fa per poter dettare ancora legge e garantirsi le posizioni nobili del campionato, e così poter sognare. Non manca il potenziale, piuttosto, bisogna rendersi conto che si è una società forte, una grande squadra, e non un piccolo miracolo come lo si era in passato.

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