Non ci sono colori. Non ci sono maglie. Non ci sono sfottó. Non ci sono rivali. C’è solo un avversario da affrontare. Un avversario bello tosto. Un avversario che ha tolto ad ognuno l’ossigeno, l’entusiasmo, la voglia di svagarsi. Un avversario che incute timore. Un avversario che ha colori violacei. Un avversario che va affrontato con rispetto e saggezza. Un avversario denotato come COVID19.
La partita è dura, forse la più difficile dai tempi del dopoguerra. La gara che l’Italia sta affrontando va oltre ogni concezione demagogica, culturale, storica e regionale. La gara è rognosa, ma a noi le gare rognose piacciono: è nel DNA del popolo italiano. Nel mondiale ‘82 partimmo come sfavoriti, pareggiammo nel girone con Polonia, Camerun e Perù. Tutti davano l’Italia per spacciata. Ma arrivó la svolta. Contro ogni pronostico arrivammo in finale, affrontammo la temibile Germania dell’ovest, vincemmo 3-1. L’Italia per la terza volta salì sul tetto del mondo.
Ora c’è da lottare. C’è da combattere. C’è da giocare la partita più difficile. C’è da fare catenaccio. C’è da difendersi ad oltranza contro questo avversario che, uscito dal nulla, ha portato i suoi nauseanti colori violacei sul nostro cielo adombrandolo del suo meraviglioso azzurro.
Ma si sa, noi siamo più forti, siamo l’Italia. A noi gli avversari risonanti non fanno paura. Li rispettiamo, ma non li temiamo.
Il COVID è un avversario invisibile la cui tattica è sconosciuta e il cui modulo è ignoto. L’arbitro della partita è il signor Destino che non farà sconti a nessuno. La gara va giocata adesso. Non c’è tempo per posticipare il fischio d’inizio. La partita va risolta nei 90 minuti, andare ai supplementari, o addirittura ai calci di rigore, significherebbe rischiare di perderla.
Lottare adesso, “giocare” adesso, resistere adesso per poi trionfare e festeggiare la vittoria al triplice fischio, alzare poi in alto la coppa della vita ed esclamare che il cielo è ritornato azzurro sopra l’Italia. Ce la faremo. Siamo italiani.