Garcia a Dazn: “Confermarsi è sempre più difficile. Champions? Serve una rosa forte. A Napoli il calcio è una religione. Osimhen? Un trascinatore”

Rudi Garcia, fonte foto: Instagram @sscnapoli

Rudi Garcia, tecnico del Napoli, è stato intervistato a Dazn per conto della rubrica Dazn Heroes. Per l’occasione, l’allenatore ha parlato di questa nuova stagione e non solo.

“Obiettivi? Il Napoli prima di tutto deve giocare la Champions anche l’anno prossimo, poi vediamo da che posizione. Per la Champions serve una rosa forte, io ho fatto belle campagne Champions, anche la semifinale a Lione. L’Europa League è diversa, puoi concentrarti sul campionato perché il girone lo passi, è dagli ottavi che diventa serio, ma in Champions è il contrario: i giocatori sono fissi sulla Champions e devi dirgli che il pane quotidiano è il campionato. La Champions la fai dal e dovremo essere bravi sulle due competizioni e la rosa serve per avere due scelte. Una qualità dei miei giocatori è lo spirito collettivo e l’abilità nel gioco di prima. Stiamo coltivando questa caratteristica, giocando di prima se arriva l’avversario la palla è già andata via. Si può sempre migliorare, ho il compito compito di non farli addormentare, fargli aprire ancora di più l’orizzonte perché non si vince in un solo modo, ho parlato di una squadra più camaleontica. Se un sistema di gioco funziona non biosnga cambiare, ma ci sarà un giorno… perché non puoi vincere tutte le partite, anche l’anno scorso non è successo. Quando arrivi in un ambiente vincente e provo a cambiare qualcosa, ti dicono che l’anno scorso funzionava. Se volete che funzioni ancora serve uno step in più e portare nuove cose”.

“Io ho vinto la Ligue 1 con il Lille 52 anni dopo, la Coppa di Francia l’anno seguente, che mancava da 55 anni, era da una vita che non vincevano, è stato molto bello e sono rimasto lì anche dopo i successi. La passione a Napoli però è oltre, qui il calcio mi sembra una religione. Per me questo è il calcio, dovrebbe essere sempre così. La sveglia? Io dopo la doppietta potevo andarmene, ma ho vissuto in prima persona il fatto di pensare di potersi replicare, e invece fai un po’ di meno, è umano, è inconscia. La sveglia è il mio compito, dire ai ragazzi: “avete raggiunto quel livello ma io non mi accontento e lo voglio rivedere”. Confermarsi è sempre più difficile”.

“Fascia di capitano? Devo fare attenione a ciò che dico perché fanno i titoli. Di Lorenzo è un uomo di grande qualità, pensa agli altri, è già un capitano per questo. Poi è un leader, un esempio, ed anche un gran bel giocatore. Io mi do un periodo del ritiro per dire chi sarà capitano della mia squadra, perché lo scelgo io, dopo colloqui e dopo averlo visto col gruppo. Non ho avuto nessun dubbio sul fatto che il mio capitano sarà lui. Può essere solo lui, ci sono altri leader e c’è anche scaramanzia intorno a me. Novità devo portarle, ma alcune volte dovrò anche adattarmi non alla scaramanzia, ma credo nelle onde positive”.

“Colloqui con De Laurentiis? Non faccio un powerpoint prima di parlare con i presidenti. Non c’è studio. Vado con la mia personalità, le mie idee, parlo con i presidenti, come successo a Lione, ovunque. Ho la mia idea del calcio e se c’è sintonia, e sembra esserci stata, si va avanti. Il presidente ha il suo team, c’erano Chiavelli, Micheli, sanno tutto di te, se ti fanno venire sono interessati a quello che puoi proporre. Kvaratskhelia? Può migliorare ancora tanto. Con la palla tra i piedi è un genio, quando dribbla è bello da vedere. Osimhen? È un trascinatore pazzesco, appena metti una competizione sul campo vuole vincere, porta la sua squadra, un po’ come Ronaldo, fa la foto-ricordo, mi piace tanto, è tra i migliori centravanti al mondo. Ho sentito che alcuni lo volevano, poche cose (ride, ndr). Potrebbe giocare solo offensivamente, ma difende e pressa come un matto, è bellissimo. La qualità del gruppo è questa, non solo un gioco di qualità, ma anche il lavoro. Raspadori può fare l’esterno? Certo, mezzala, esterno, trequartista, anche punta come ad Amsterdam, lo fece alla grande. Dobbiamo avere la capacità di poter giocare con due punte, quando hai uno come Simeone sei armato“.

“Arabia Saudita? Io ho aperto le porte (ride, ndr), nel club di Ronaldo. Ho avuto un bel rapporto con lui, ho capito perché ha fatto quella carriera. Anche lì arrivava prima di tutti, andava via per ultimo, in campo è un trascinatore pazzesco come in allenamento, sente la competizione anche per la gara di rigori e se vinceva faceva il suo ‘siu’ come in Champions”.

“Totti? Grande campione, uomo e giocatore, uno dei pochi che vedeva la giocata sul campo prima degli altri. Aveva la qualità per realizzare ciò che vedeva. Mourinho? L’ho già incontrato al Real in amichevole, adesso è un concorrente, ma la gioia che ha ridato a Roma è importante. Tifosi della Roma? Sono andato ad un concerto all’Olimpico appena dopo la firma. Sono stati molto carini, mi hanno detto: peccato, ma ti vogliamo bene. Auguri e in bocca al lupo. Intreccio con Spalletti? Gli ho lasciato il posto a Roma, lui me l’ha lasciato qui. Ho grande rispetto per lui, ha fatto grandi cose qui“.

Maradona? Tanta roba. Diego l’ho visto una volta a Roma, dopo una partita nel 2014. Vincemmo all’Olimpico, mi sono trovato in un ristorante e venne al mio tavolo e parlammo 10-15 minuti, fu un momento favoloso. Mi dimenticai di scattare una foto con lui. Fa parte della storia del calcio”.

“Cucina? Non cucino per niente, ma amo mangiare con gli amici. A me da sempre piace la pizza napoletana. Per ora ho avuto delle possibilità di provarla e le cose semplici sono le migliori. Come il Napoli? Sì, deve giocare semplice”.

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