Il mister azzurro Luciano Spalletti presenta in conferenza stampa dal Konami Training Center l’ultima sfida campionato contro la Sampdoria. Quella di questo pomeriggio sarà anche la sua ultima conferenza prepartita, e si prepara a salutare la città di Napoli.
Nel finale della conferenza il tecnico toscano ha anche parole per Giulia Tramontano, la ragazza originaria di Sant’Antimo e uccisa nei giorni scorsi dal compagno: “Chi usa la violenza è un perdente”. Queste le sue parole in conferenza stampa:
“Le cicatrici sono cose che uno si porta dietro dal suo passato. Io mi sono fatto questo tatuaggio per poter guardarlo e ricordare questi momenti. Sarà questa per sempre la mia cicatrice. Hanno già cominciato ad offendermi in qualche stazione“.
“Non voglio giocare contro il Napoli, e non voglio neanche mettere una tuta diversa da quella del Napoli. Si parte da lì, poi alla fine della stagione si fa l’inventario degli stimoli, dei pensieri, dei sentimenti e si guarda un po’ dove siamo. Quest’anno il Napoli lo guardo dalla tribuna, sono distante venti metri rispetto a dove mi sono trovato quest’anno, anche se dalla televisione si vede bene allo stesso modo”.
“Napoli ha fatto vedere a tutti che la felicità non ha confini e neanche bandiere. Hanno accolto chiunque avesse voglia di festeggiare con grande altruismo e disponibilità. Ho amici che vorrebbero venire alla festa di domani al Maradona ma i biglietti per la partita non ci sono più. Ringrazio tutti i bambini che mi hanno abbracciato e mi hanno trasmesso con la loro passione il loro futuro azzurro”.
“Demme e Olivera in mattinata non si sono allenati, Mario Rui è tornato solo due allenamenti fa, mi fa piacere se quei giocatori che hanno determinato questo volume domani siano in campo. La formazione sarà molto simile a quella che gioca più spesso”.
“Di rimpianti riguardo la Coppa Italia ce ne sono tanti, ma De Laurentiis aveva detto che l’importante era arrivare tra le prime quattro e noi lo abbiamo preso in parola”.
“Io e De Laurentiis abbiamo fatto quattro anni di lavoro in due. Ho imparato anche io ad essere un po’ imprenditore grazie a lui, e lui ha capito cosa vuol dire essere allenatore, anche se di calcio già ne capiva”.
“Kvara è un giocatore fortissimo, prima che arrivasse qui era già sulla bocca di tutti. Giuntoli me ne parlò, io diedi l’assenso al colpo e la società è stata brava a fare l’investimento e prenderlo. Poi il ragazzo ci ha messo del suo, ha ascoltato e sgranato gli occhietti. Si avvicina a Maradona per le sue giocate e per le accelerate che ha da fermo”.
“In Georgia avete veramente un gran calciatore, uno che mette le cose a posto. Ha l’imprevedibilità, va a creare lo sconquasso per la difesa avversaria, calcia di destro, di sinistro, ha fatto anche gol di testa, ha gambe veramente importanti, dal punto di vista del salto va in cielo, può diventare fortissimo anche di testa, è veramente un grandissimo campione”.
“Non ho più energie per essere all’altezza di ciò che si ama, quindi si fanno due passi indietro e ci si lascia. Sono uscito da quella cena dicendo che il Napoli avrebbe avuto un grande futuro e lo avrà, io di coraggio ne ho tantissimo”.
“Il momento più brutto è stata la sconfitta di Empoli nella scorsa stagione, il più bello invece quello dopo il fischio finale di Udine. Dopo la vittoria dello Scudetto il presidente ha detto a tutti delle cose che avrei preferito dicesse a me, poi ci siamo visti e abbiamo chiarito in 15 minuti. Non sono un tipo che cambia facilmente idea e ho deciso di andare via perché sento di aver dato tutto quello che avevo”.
“I calciatori sono stati bravissimi ad interpretare alcune idee da mettere in campo in modo autonomo. Prendere le decisioni sempre in base a dove fosse la palla. Questi ragazzi sono riusciti a fare tante cose: abbiamo fatto molti punti, creato un buon margine di distanza sulla altre, abbiamo il miglior attacco e al momento anche la miglior difesa, anche per i più bravi è difficile dire che gli altri hanno fallito”.
“Il momento più difficile da superare è l’abbraccio con i calciatori, in questi giorni ho capito quanto è difficile prendere questa decisione. Si lascia una squadra che è fortissima sotto tutti gli aspetti, che ha basi per costruirci tante cose, l’amore che mi avvolge in tutto quello che ho mi ha dato quella forza che è giusta per continuare ad accettare questa decisione”.
“Credo di non essere più in grado di poter dare ai tifosi azzurri la felicità che meritano. L’idea di diventare cittadino onorario di Napoli mi piace. Mi piace inoltre l’idea di tornare in quei luoghi dove sono stato benissimo e ho toccato con mano l’affetto della gente”.
“Mi hanno insegnato che dalla domanda devo essere bravo a portare il discorso dove voglio. La mentalità forte è determinante, anche nell’allenamento di oggi i ragazzi ci hanno messo entusiasmo e la qualità necessaria della forza mentale dei calciatori forti a quella frequenza, a quel ritmo. Così si riesce a capire perché questa squadra avrà un grande futuro, giovane, di qualità, ed incredibile. Ci vuole tempo per forgiare un gruppo vincente, e noi lo abbiamo fatto in pochissimo tempo”.
“Quando ho capito che potevamo portare qualcosa di incredibile a casa, ho parlato alla squadra e ho detto loro che avremmo visto una città esplodere di gioia, e mi rendo conto che parlavo di qualcosa che neanche potevo immaginare, Napoli va vissuta e non immaginata. Ci sono tre cose da portare via: un patino, un cavallo, perché mi ricorda i miei giocatori, e un crocifisso per la fede”.
“Nell’aria sembra esserci quel qualcosa di io o tu, non vorrei ci fosse questa divisione, è stato un trionfo ed è giusto abbracciarsi, così si tenta di annullare quest’insidia. Non ho la possibilità di dare consigli agli altri, se c’è bisogno so chiedono. Non so consigliare chi verrà e neppure chi prendere”.
“Ringrazio tutti coloro che ho incontrato in questi due anni indimenticabili. Napoli non va immaginata, questo perché è molto di più dell’immaginazione, Napoli invece va vissuta! Probabilmente dentro di me sono sempre stato un po’ napoletano”.