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Spalletti: “Dobbiamo avere gli occhiali da fabbro. Lobotka lo volevo già all’Inter. La sconfitta con l’Empoli dell’anno scorso fu devastante”

Luciano Spalletti, tecnico del Napoli, parlerà alle 13:45 in conferenza stampa alla vigilia del match di campionato Empoli-Napoli. Come di consueto, MondoNapoli fornirà la diretta testuale dell’evento.

“Ho appreso da poco della morte di Maurizio Costanzo, sono dispiaciuto. Perdiamo un uomo di televisione molto importante per quel che ha fatto. Sono vicino al dolore della famiglia”.

“Come tornate ad Empoli quasi un anno dopo? Abbiamo fatto dei passaggi importanti su queste sconfitte. Poi per quanto visto successivamente certe situazioni sono state ammortizzate bene. È una partita delicatissima per quella che è la loro geometria tattica, dobbiamo saperla dilatare. Loro hanno un modo di giocare che viene da lontano, sanno stare in campo, hanno calciatori forti come Vicario, Parisi, Baldanzi. Sono calciatori che ci ritroveremo nelle grandi squadre e con classifiche importanti. Conosciamo la qualità di Luperto perché l’abbiamo avuto a disposizione ed è andato via perché aveva bisogno di giocare con continuità. Sono segni della difficoltà di questa partita. Dobbiamo essere bravi a meccanizzare bene l’importanza di queste sfide e non considerare altro, come quando si hanno gli occhiali da fabbro. Si vede solo quello che ha davanti all’obiettivo e non di lato. Dobbiamo indossarli e vedere solo cosa si ha davanti”.

“Cosa è cambiato dalla sua esperienza ad Empoli? Sono molto grato alla città. Nel calcio cerchiamo di prendere dei modelli, da quelle parti si può vedere come si fa calcio. Se fate un giro lì si possono guardare tanti punti per fare calcio e per il suo futuro. Quell’impostazione lì mi ha dato un beneficio. Poi strada facendo si fanno nuove esperienze e si cerca di farne un uso corretto. Con l’esperienza ti accorgi del bello che ti capita e di non essere presuntuoso. Il mio percorso è fatto di queste attenzioni qui e della fortuna di aver trovato calciatori forti che mi hanno permesso di allenare squadre come il Napoli”.

“Gestione dei giocatori? Le trasferte determinano stanchezza e fatica. Per rimettersi in sesto indico il riposo. Gli abbiamo dato un giorno di recupero totale dopo Francoforte. Farli allenare era come rivivere una cosa di tutti i giorni. Poi abbiamo dei preparatori molto bravi che sanno benissimo andare ad indicare quello che è il carico da tenere nei passi successivi. Distanze e velocità fanno la differenza per il carico muscolare, per cui si fa in modo che da un punto di vista di impostazione non si vada ad addizionare fatica su fatica. Quando si vincono le partite così si fanno massaggi alla testa oltre che ai muscoli. Funzionano più di quelli di un massaggiatore professionista. Poi si cerca di andare bene, da un punto di vista mio non è facile perché ho sempre dubbi vista la qualità dei miei calciatori”.

“Che aggettivo useresti per il Napoli? Magari quello di non fare confusione sul lavoro e la scaramanzia sta a cuore. Quello che abbiamo davanti è il lavoro che dobbiamo fare senza pensare ad altro. Poi se c’è chi vuole comprare pasticcini e spumante, noi non lo si fa tranne quando c’è un compleanno come quello di oggi di Rrahmani e si fa. Poi abbiamo una partita come quella di Empoli, quella dell’anno scorso ha distrutto il lavoro di un anno, proprio per cosa era stato l’equilibrio della squadra. Avevamo sempre avuto reazioni, lì potevamo andare sul 3-0 e l’abbiamo persa in pochi minuti, per cui senza camera d’aria, gomme piene e via. Capisco che a volte facciate fatica ad interpretare la difficoltà della sfida, ma la cosa che non dobbiamo fare noi perché in questa posizione vi accorgereste dei nostri discorsi. Sarei più comprensivo senza fare discorsi sulla scaramanzia. Noi vogliamo vincere per dare soddisfazioni alla città, riceviamo l’amore, la vicinanza e ne riceviamo le sensazioni. Non dobbiamo commettere errori, che quelli che vengono fuori sono determinanti per cambiare la situazione. Non vogliamo che dall’euforia nasca la presunzione, è la fine della crescita personale”.

“Il Napoli può essere un modello per il calcio italiano? Non so se possa diventare un modello da cui si può prendere. La nostra impostazione è giocare un buon calcio che assomiglia alle nostre caratteristiche. I complimenti ci fanno piacere. Giocare sempre senza grosso turnover? Dipende dall’impostazione. Le valutazioni si fanno lì per lì, se si ha a che fare con Di Lorenzo, se fa quelle cose, non serve un sostituto. Se prendi Osimhen che quando sembra sfinito ti corre i 100 metri in apnea. In una gara ha fatto una rincorsa dove ha contrastato al limite dell’area nostra. Lui è disponibile, aiuta il compagno, ci sono degli elementi extra e a quello bisogna farci attenzione. Poi ci sono calciatori che dopo 3-4 partite hanno bisogno di recuperare, e quando ci metti chilometri su chilometri hanno bisogno di una pausa. Quando hai due calciatori forti è meglio se funzionano tutti e due, perché poi arriverà il momento in cui il titolare si abbassa, a meno che non sia Di Lorenzo o Osimhen. Ne abbiamo altri come Lobotka, che ha preso quel tipo lì di possesso. Strada facendo ti accorgi, ti rendi conto se uno ha bisogno di riposare, e rischiamo sparate dove il marchio di quel calciatore lì diventa quello, anche se a volte bisogna farli riposare”.

“Limite tra presunzione e consapevolezza? Il modo di venire ad allenarsi, quando uno è dritto con la schiena e sereno, sa di andare a lavorare. Poi c’è chi chiede qualcosa, io non devo dare niente, tu devi sempre dare qualcosa, nella fortuna che hai a mettere la maglia di una squadra come il Napoli, se hai la fortuna di esibirti dando la maglia e per quelli che ti guardano. Soprattutto per i bambini che sono la cosa più bella di questo sport”.

Anguissa? Non devo spiegare tutto, guardo e prendo per buono quel che mi passa davanti. Io sono fortunato con Lobotka, lo volevo già all’Inter. Me lo segnalò Alessandro Pane, mi ricordo che si cercava di prendere un elemento in più poi ci mettemmo Brozovic. Non potevamo spendere quei soldi e non lo prendemmo. Perciò quando sono arrivato a Napoli lo conoscevo già. Di solito funziona che il direttore fa i nomi o ascoltano se ne faccio. Qui c’è Simone Beccaccioli che ne conosce decine. Poi il direttore ti dice i nomi che ha sul taccuino e si guardano. Lui lo conoscevamo, Pane mi disse che sembrava bravo. Anguissa è fortissimo, un extra-large nei comportamenti. Fa sovrapposizioni vicino alla batteria sopra al tornante poi te lo ritrovi in area a contrastare. Ha un enorme raggio di azione sul campo, certi calciatori lo fanno con una continuità senza sosta perché sono sempre disponibili per la squadra”.

“Il premio Bearzot? È importantissimo e mi inorgoglisce proprio per il personaggio. Averlo a casa mia mi fa sentire più forte”.

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