Un gesto, uno sguardo, un sorriso per distendersi e per esorcizzare le «paure»: a volte basta poco, anche non dirsi niente, perché è tutto chiaro, è scritto nelle ombre d’una notte e in quelle dell’anima, ed è persino semplice andarci a leggere. Napoli-Atalanta è uno spartiacque, rischia di diventarlo, porta dentro di sé quella scia di delusione collettiva popolare per il pareggio di Ferrara e avvicina a un ciclo, a modo suo terribile, che l’Atalanta spalanca verso la Roma e il Salisburgo: e ci sono riti, o anche abitudini, che per una volta, fosse anche una sola, vanno adeguati, ribaltati, inseguendo l’istinto manageriale, assecondando le esigenze d’un ruolo che De Laurentiis interpreta a modo suo, senza derogare. «Eccomi qua». Quando il Napoli sta per accomodarsi a tavola e nessuno ne ha percezione, la porta girevole introduce nella sacralità d’una vigilia che va condivisa – la squadra e il club, l’allenatore e il presidente e il direttore sportivo – perché ci sono serate che hanno bisogno d’una fusione collettiva in cui si aff erri il senso d’una partita, sgrossandola dagli eccessi e però dandole «fi sicità»: è una partita che sa di Champions League, può tracciare un solco o anche diventare un tormento, e c’è tutto intorno, in città e sui social che ormai rappresentano il tempo che viviamo, un pessimismo cosmico che va allontanato o perlomeno fronteggiato con autorevolezza.
Aurelio De Laurentiis fa poche cose, nessun discorso che appesantisca ulteriormente, soltanto una serie di battute per chiunque e poi sta con Ancelotti e Giuntoli a chiacchierare di calcio, di cinema, di economia e di finanza, di un mondo a parte, come se volesse spalare via quella tensione che l’ha portato a Castel Volturno e poi la trascinerà stasera al San Paolo, dove per scaramanzia avrebbe preferito non essere: ma è impossibile sottrarsi, almeno adesso che c’è bisogno di lanciare un messaggio subliminale, e non a parole, ed ha deciso di viverla al fi anco del Napoli, questa giornata densa.
CON MAREK. E non sarà una partita eguale alle altre, sicuramente non prima, quando Marek Hamsik, con la consueta discrezione, si accomoderà con la moglie, i fi – gli, il papà, la mamma e una decina di amici in tribuna: torna ad otto mesi di distanza dal suo addio, improvviso e (quasi) inaspettato, almeno quando questa «rentré» che ha stupito tutti, pur essendo nell’aria. Dalla Cina con furore, con amore.
Fonte: Corriere dello Sport