CorSport non ha dubbi: “Il futuro di Sarri è già scritto! L’esito del campionato non cambierà le sorti del tecnico”

    Sarri, ancora Sarri, fortissimamente Sarri: lasciando che il campo emetta il suo giudizio, qualunque esso sia, e poi ripartendo assieme, per restare nel futuro, per ritrovarsi (in coppia) incollati al Progetto, per dare una continuità all’Idea e proiettarsi – di nuovo – tra le elette d’un calcio che è anche il Napoli. Meno undici, e il pensiero resta: ma sino al 20 maggio, la data simbolo e quella ultima, si avrà modo di parlarsi, di incontrarsi, di confrontarsi, pianificando per ribadire il proprio ruolo e quell’autorevolezza ch’è nei fatti, nella Storia contemporanea d’un club e di un tecnico che nelle ultime due stagioni hanno conquistato una qualificazione in Champions largamente opzionata per l’anno prossimo. E sarebbe la terza consecutiva da attraversare standosene nel ghota.

    L’INCONTRO. L’ossessione – e neppure la distrazione – non è il contratto, che ha scadenze e clausole, ma questa sfilza d’appuntamenti che rapiscono Sarri, lo catturano e lo inibiscono: per ridiscutere c’è tempo, e forse la sosta di fine mese potrà rappresentare un’occasione, non essendoci lo stress della partita da preparare. Però poi ci sono le sensazioni e un ottimismo che si percepisce e che sembra testimoni la volontà di proseguire uno a fianco all’altro, a prescindere dal verdetto, da quello «scudetto» che sa di favola da regalarsi.

    DELA HA SCELTO. Quattordici anni e (appena) sei allenatori: il ciclo di De Laurentiis è intestato a Maurizio Sarri, alla sua spregiudicatezza, alla sua verticalità, a quel calcio che lo ha conquistato, dal quale non vuole uscire e per il quale si è speso pubblicamente, ripetutamente, attraverso manifestazioni che non sono soltanto di stima ma di affetto allo stato puro: «Perché Sarri è un maestro di calcio ed è una persona perbene e io lo adoro. Vorrei restasse qui per sempre. E questa, e lui lo sa, è casa sua». E il dieci gennaio scorso, per il cinquantanovesimo compleanno del suo allenatore, è andato a dirglielo – di persona – a Figline, rimanendosene isolati dal mondo per un pomeriggio intero, perdendosi tra argomenti vari, tra cui un rinnovo che ha bisogno soltanto di un appuntamento per rivelare le rispettive visioni su come insistere sul Napoli, sulla sua identità.

    SARRI E’ IN CAMPO. Ma la testa di Sarri, adesso, è totalmente «sequestrata» dal campo, dagli allenamenti, dalle strategie, dal desiderio di «complicare la vita alla Juventus»: e il rinnovo, il ritocco, l’adeguamento, definiamoli come vi pare, restano dettagli marginali – come riferito dopo la sfida di Benevento – almeno quanto quella clausola da otto milioni di euro che sino al 31 maggio gli consentirebbe di liberarsi, di rimettersi in gioco altrove. «Questo è l’ultimo dei miei pensieri. Tra me e Aurelio, poi, non c’è bisogno di chissà quanti incontri. E comunque ci sarà modo per vedersi: l’unica clausola che conta è che io non consideri questo ciclo finito. Se lo considero che può andare avanti, il problema non si pone neanche. E il ciclo per me va ritenuto aperto finché ci sono margini di miglioramento».

    LA CITTA’. Il contratto è anche, pure, e per chiunque uno stato d’animo e Sarri e (il) Napoli nel triennio hanno costruito persino un sentimento che il tecnico ha rappresentato a modo suo («devo avvertire dentro di me la certezza di poter dare sempre qualcosa di più a questa gente»): il San Paolo ha fatto il resto, ciclicamente, creando l’atmosfera magica d’uno stadio perdutamente innamorato della squadra e dell’allenatore, scuotendoli emotivamente anche sabato sera, subito dopo la sconfitta con la Roma, con cori di gratitudine che hanno emozionato Sarri. «Sono orgoglioso del nostro pubblico e i loro applauso, dopo una gara del genere, è stata una sensazione bellissima». Quasi una firma tra le tenebre.

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