Home Copertina CorSport: “Numeri impressionanti, Napoli mai così forte ad inizio campionato”

    CorSport: “Numeri impressionanti, Napoli mai così forte ad inizio campionato”

    Si scherza con i fanti: e poi, quando compaiono i “santi”, le statistiche spingono sino ai paragoni, quasi “all’ irriverenza”. C’ è stato un tempo, il più bello d’ un Secolo circa, in cui s’ è perso persino (diciamo così) il lume della ragione, scomposti e fatti in pezzi da un Napoli meraviglioso, lo spettacolo luminoso di Sua Maestà Diego Armando Maradona: ma trent’ anni dopo, ondeggiando tra le varie anime dei numeri, c’ è un’ epoca egualmente fosforescente, in cui la Grande Bellezza è scolpita nella classifica, e pure nel confronto a distanza ma però diretto. Raccontano le analisi, quelle che racchiudono un periodo di dodici giornate senza eguali, d’ una striscia rigogliosa sulla quale brillano dieci vittorie e due pareggi (anche quello di Verona, con il Chievo, ovvio): è la sintesi del terzo Sarri, il manifesto post -moderno d’ un calcio da sogno che può trascinare ovunque. Mai così tanto Napoli, nelle vittorie, nei gol, dunque nei punti e nell’ allegria: è raccontato là dentro, negli archivi che custodiscono le memorie del passa to remoto ma anche di quello recente (l’ altro giorno, ad esempio).
    IL PRIMO. Sei vittorie e sei pareggi, per cominciare, quando fu riscritta (e per davvero) la Storia, quando il Napoli si lanciò verso lo scudetto e forse, all’ inizio, neanche fu consapevole di ciò che stava per creare: andamento lento, non ancora autorevole né autoritario, in quel campionato che svoltò alla nona a Torino (vittoria in casa della Juventus) ma che comunque tra la undicesima e la dodicesima conobbe due 0-0, uno con il Verona e un altro a San Siro con il Milan. Dodici partite e la squadra verticale, anzi geniale, pardon Ma.Gi.Ca. (però Maradona, Giordano e Carnevale) che arriva a diciassette reti: eppur bastò, poi nelle successive diciotto partite, per andarsene a spasso tra le stelle e godersele.
    IL SECONDO. Sette vittorie, cinque pareggi, pure quella volta un pareggio alla dodicesima – ma al San Paolo con la Sampdoria – e comunque la prova provata d’ una forza, di una consistenza, di una dipendenza da Diego (capocannoniere, in quel momento) con sei gol su diciannove dei suoi. Ma fu sufficiente lasciare il segno, dimostrare agli avversari di essere di nuovo il Napoli pure nel campionato a diciotto squadre, per prendersi il secondo scudetto.
     Alle generazioni che non l’ hanno visto, ma lo avranno spiegato, parrà netta la distanza, altrimenti rappresentata con una serie di calcoli: il Napoli di Sarri (come quello di Bianchi e di Bigon) non ha mai perso, ha quasi sempre vinto, ha lasciato per strada un paio di pareggi (contro l’ Inter e poi con il Chievo), ha un Mertens che va ad una velocità supersonica (siamo a dieci gol per lui) e rispetto ai nobili predecessori della prima impresa ha fatto peggio soltanto in difesa, perché di reti ne ha subite otto.
    CORSI E… Ma è un gioco, chiaramente, e però qualcosa suggerisce e qualche altra la sussurra: anche in quegli anni, ovviamente, incollate (ma un pochino più distanti) c’ erano la Juventus e l’ Inter; ed anche allora, come stavolta, la sana provincia costò qualcosa (con Bianchi pareggi ad Avellino e con l’ Atalanta in casa; con Bigon, invece, a Cesena, a Cremona e Marassi con il Genoa). E le fotografie del passato sembrano rielaborate in chiave moderna, in questi tre Napoli che, sovrapposti tra loro, lasciano risplendere (aritmeticamente) quello di Sarri. Che non sia blasfemia!
    Fonte: Corriere dello Sport

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